Psicoanalisi e Zen
{da "Psicoanalisi e Buddhismo Zen", Erich Fromm
con altre sezioni di Ernesto De Martino e di Daisetz T. Suzuky, 1960}
Libera sintesi, a fini pratici, di Marco Sicco
* Teoria e pratica, pensiero ed emozionalità non possono
venir separati *
* Nell'atto di conoscere se stesso l'uomo trasforma se stesso *
Per chi sia alienato (malattia del secolo), la cura
non consiste nell'assenza della malattia, bensì nella presenza del benessere;
benessere è essere in armonia con la natura dell'uomo.
All'atto della nascita la vita pone all'uomo un quesito al quale egli
deve rispondere in ogni istante; non la sua mente, né il suo corpo, ma lui,
la persona che pensa e sogna, che dorme e piange, e mangia e ride - l'uomo
nella sua totalità - deve dare quella risposta.
Il quesito è: come possiamo trionfare del dolore, della prigionia, della vergogna,
prodotti dell'esperienza dell'isolamento; come possiamo trovare unione in noi stessi,
con i nostri simili, con la natura?
Follia è il rifiuto della realtà esterna come a noi stessi estranea,
vivendo per contro completamente nel nostro guscio, e così trionfando del
terrore dell'isolamento.
Vivere vuol dire nascere in ogni istante; la morte sopravviene quando
cessa la nascita.
Le soluzioni regressive necessariamente falliscono e conducono al dolore
(ritorno alla morte, ovvero: necrofilia, simbiosi, distruttività, narcisismo).
Ragione è afferrare la verità lasciando che le cose siano così
come sono [benessere], superando le soluzioni negative, riconoscendo
la realtà e le sue leggi, e agendo nel contesto delle leggi della necessità,
correlandosi al mondo in modo proficuo con il coglierlo tramite la forza intellettuale
ed affettiva.
Benessere è la completa disponibilità alla gioia o al dolore,
è essere creativi.
È reagire e rispondere a me stesso, alla
realtà di ognuno e di ogni cosa, così come sono, è rinunciare
alla mia "volontà" (intesa come desiderio di violentare, governare, soffocare
il mondo dentro e fuori di me) al fine di rendermi completamente disponibile,
rispondente, desto, vivo.
* Approccio psicoanalitico: render conscio l'inconscio (de-rimozione).
*
Definizione funzionale (ovvero, non statica, ndr):
- conscio (o coscienza): essere consapevole di (affetti, desideri, giudizi,
ecc) ...
- inconscio (o rimozione): essere inconsapevole di ...
La nostra coscienza è per lo più falsa coscienza (finzione, illusione).
Principalmente è la società che ci satura di siffatte nozioni fittizie e irreali,
o che ci impedisce la piena consapevolezza della realtà.
Il pensiero conscio è organizzato in categorie (spazio, tempo, causalità,
ecc.). L'esperienza non può pervenire alla consapevolezza altro che a condizione
di poter essere percepita, correlata, ordinata nei termini di un sistema di
concetti e delle sue categorie. Tale sistema è un prodotto dell'evoluzione
sociale e opera come un filtro socialmente condizionato (diverso per
ogni società).
Fattori filtranti (tabù, che possono essere sociali o famigliari) sono:
Il linguaggio (parole, grammatica, sintassi): espressione congelata
di un certo tipo di esperienza di vita.
La logica, che dirige il pensiero.
Il contenuto delle esperienze (ogni società impedisce che certi pensieri
e sentimenti possano esser provati, sentiti, espressi).
Esperienze che non possono esser filtrate restano esterne alla consapevolezza,
cioè rimangono inconsce.
Noi tendiamo anche a rimuovere quei conflitti incompatibili con il principio
della struttura e dello sviluppo dell'intero essere umano (cioè con la "coscienza
umanistica", che parla a favore della piena realizzazione della nostra persona,
anche nel senso degli immanenti obiettivi di "evoluzione" già contenuti
nei cromosomi dai quali parte il nostro "sviluppo").
La capacità di agire in accordo con la propria "coscienza" dipende
dal grado in cui si sia riusciti a trascendere i limiti della propria società
e a divenire un "cosmopolita".
Rendere l'inconscio conscio trasforma la semplice idea dell'universalità dell'uomo
nella vivente esperienza di questa universalità (è la realizzazione
effettiva dell'umanesimo).
Ci sono varie forme di rimozione (si possono intrecciare fra loro):
- Transfert (distorsione paratattica): credere di vedere una
persona quale essa è, ma in realtà vedere la nostra proiezione di un'immagine
di quella persona (proiezione delle nostre aspettative, desideri, angosce
- infantili o meno - ecc.).
- Proiezione: persona motivata da impulsi a lei ignoti ed in contrasto
con il pensiero conscio, che proietta i suoi conflitti inconsci in
un'altra persona (li vede in lei con indignazione).
- Razionalizzazione: inventare motivi razionali per impulsi che, in
se stessi, hanno origine del tutto diversa (ossia: falsa spiegazione di obiettivi
i cui veri motivi non sono consci).
- Manipolazione cerebrale: la persona crede di vedere (ma sta solo
vedendo parole); crede di sentire (ma sta solo pensando dei sentimenti).
Non ha altra esperienza che la memoria e il pensiero.
La comprensione e la conoscenza provocano la trasformazione dell'inconscio
nella "coscienza" (de-rimozione) ponendoci a contatto con la realtà
e la verità: la conoscenza intellettuale può condurre a mutamenti solo nella
misura in cui sia anche conoscenza affettiva (o sperimentata, cioè
intuizione). Esistono livelli di consapevolezza o di inconsapevolezza.
Il processo di scoperta dell' "inconscio" è una serie di esperienze
sempre più estese, che vengono profondamente sentite e che trascendono la
conoscenza teoretica-intellettuale (e che danno forza e sicurezza).
La conoscenza di un altro uomo richiede "l'esser lui", esperimentando
in noi stessi tutto ciò che lui esperimenta.
Lo Zen è il nostro pensiero quotidiano (Joshu). Nello stato della positività
piena (creatività, produttività, attività) non esistono veli che separino
me dal "non-me". L'oggetto non è più un oggetto; non si trova più contro di
me ma è con me. Vi è completa vitalità e la sintesi di soggettività
/ oggettività.
La trasformazione caratteriologica è una condizione della salvezza.
L'avidità, la presunzione, l'autoesaltazione vanno eliminate. Gratitudine
per il passato, rispetto per il presente, responsabilità per il futuro.
Vivere è utilizzare pienamente in senso economico e morale, tutto ciò che
si trova sul proprio cammino. Lo Zen è questione di carattere,
non di intelletto e risulta dal "volere" primario (vita).
* Superamento dell'avidità *
Da superare:
- Orientamento ricettivo
- Orientamento utilitaristico (appropriativo)
- Orientamento avido (tesaurizzante)
- Orientamento interessato (mercantile)
...tramite:
- Orientamento "produttivo" (biofilo)
Zen e psicoanalisi non tendono affatto a far sì che un uomo conduca una vita virtuosa
sopprimendo il desiderio "malvagio", bensì si attendono che esso possa dissolversi
e sparire alla luce ed al calore di un allargamento della "coscienza".
L'analista deve evitare l'errore di imbottire il paziente di spiegazioni e
interpretazioni, le quali possono soltanto impedire a quest'ultimo di compiere
il salto dal pensiero all'esperienza. Deve al contrario sottrargli
una razionalizzazione dopo l'altra, un appoggio dopo l'altro fintanto
che il paziente non abbia più via di scampo, e aprendosi un passaggio attraverso
le finzioni che gli opprimono lo spirito, finalmente esperimenti la realtà,
vale a dire, diventi conscio di qualcosa di cui non era conscio in precedenza.
Tale processo scatena spesso una profonda angoscia che impedirebbe
l'apertura del varco, se non fosse per la presenza rassicurante dell'analista
(ma tutto questo sostegno è nello "stare lì").
Chi vive in uno stato di rimozione è un alienato: costui proietta i
propri sentimenti e/o idee sugli oggetti e quindi non esperimenta se stesso
quale soggetto dei propri sentimenti, ma si lascia soggiogare dagli oggetti
gravati di quei suoi sentimenti.
Opposta all'esperienza alienata, distorta, paratattica, falsa, manipolata
cerebralmente, è quella presa sul mondo, immediata, diretta, totale,
che possiamo constatare nel neonato e nel bambino prima che la forza dell'educazione
lo modifichi. Dopo essere passati attraverso il processo di alienazione e
di sviluppo intellettuale, la non-rimozione è un ritorno all'innocenza
(semplicità e spontaneità) ad un livello più elevato; tale ritorno all'innocenza
è possibile soltanto dopo che questa sia stata perduta (è l'uomo cresciuto
fino a farsi fanciullo).
Tutti noi proviamo vergogna (anche se inconsciamente) quando sperimentiamo
isolamento dai nostri simili.
La menzogna è possibile solo in uno stato di alienazione, ove la realtà non si esperisce
altro che come pensiero, e si dissolve sotto la spinta dell'esperienza totale.
È segno tipico di ogni vera comprensione (in psicoanalisi) il non poter
essere formulata in pensieri mentre è tipico di ogni cattiva analisi la
formulazione della "comprensione" in teorie complicate che nulla hanno
a che fare con l'esperienza immediata.
L'autentica comprensione è qualcosa d'improvviso; insorge senza esser
stata forzata o (spesso) premeditata. Ha luogo non nel cervello ma nell'addome;
non può esser tradotta in parole e delude chi provi a farlo. È comunque reale
e conscia e lascia la persona mutata.
Il mutamento di un tratto nevrotico del carattere non è possibile senza perseguire
il fine ben più radicale di una completa trasformazione della persona
(superando l'avidità di possesso, fama, affetto, l'autoglorificazione narcisistica,
l'illusione di onnipotenza, il desiderio di sottomissione a un'autorità che
risolva i personali problemi esistenziali).
Nel processo analitico uno avverte di essere inutile, spaventato, pieno
d'odio laddove consciamente credeva profondamente di essere modesto, coraggioso,
affettuoso. Ciò può sconvolgerlo ma gli permette di smetterla di proiettare
sugli altri quel che reprime in se stesso.
I fattori che permettono il conseguimento finale si radicano profondamente
nella personalità individuale e ben poco ne sappiamo a fini pratici.
***
* Altre monografie ...