C'è felicità, e c'è tutta la musica,
c'è la felicità che non sarebbe il caso, che non sarebbe ora,
che non sarebbe aria, ma c'è,
c'è quella felicità di una pezza, la canzone, che uno la tira
in un verso, l'altro nell'altro
e la pezza si strappa come un sorriso strappato, non facciamola
lunga, non facciamola troppo pesante,
c'è già tutta la musica, e la musica è gli anni, tutti gli anni
suonati per anni nelle canzoni, ci sono
gli anni del pianoforte, gli anni delle tastiere, dei fiati che danno
l'anima in un soffio, delle fisarmoniche
che girano il mondo, gli anni delle chitarre, delle chitarre
sole e delle chitarre che s'aprono come
ventagli armonici, gli anni dei timpani sinfonici e gli anni
dei batteristi ossessionati dal tempo degli anni,
dei bassisti pensosi, che con le dita sembra che corrompano
le note come biglie del lotto dentro un cappello,
dei violoncellisti che con la punta dell'archetto tentano la gonna
della concertista suonatrice di triangolo...
c'è tutta la musica che per anni ha tentato d'esistere, brutale,
sofisticata, tecnologica, etnica, meticolosa,
falsa, autentica, polemica, politica, fiduciosa, finta, mercantile,
carica, fischiettata da uno scaricatore,
progressiva, antenata, esile, gonfia, truccata, triviale, tosta,
sensibile, truce, non amata, amata, la musica...
c'è tutta la musica intorno, come le mosche, come le api,
come il miele addosso, e sul miele
le formiche, di nuovo le api, come le dita, come il ghiaccio
per le freddezze e per le eccitazioni,
come la lingua che fa lallalà come un solletico, come una passata
di lingua all'orecchio, che entra e che prima
di uscire dall'altro, fa le boccacce, l'occhietto, l'accattivante invito,
il gesto osceno, il muso duro, il bacio
da lontano e da vicino, l'addio... c'è addirittura l'organetto
che ripete continuamente il gesto
dell'andarsene e del tornare, c'è tutta la musica che, a spinte,
entra in partitura, provenendo
da trionfali tournèe, da bettole musicali, da rimesse sonore,
da trattorie girando col piattino, dal garage,
da balli a bordo, da notti con l'abat-jour sul tavolino,
dai giradischi sui quali, nera e lucida,
la musica ondeggiava, e dai supporti ancora da inventare,
come avidamente è scritto nei contratti,
quindi: dall'avvenire... c'è una voce incredibilmente armonica
che mormora come la gente, che di cose
ne sa, e che mastica spremendo il succo di tre note da una nota,
c'è un canto di melodie difficilmente
facili così, come se esistessero in natura, in una natura umana
che, popolarmente, vive d'arie
necessarie, musicali... c'è felicità, c'è un pianto gentile, ci sono
canzoni venute fuori come il sudore,
venute fuori perché eravamo accaldati, perché noi eravamo noi
e non eravamo altri, e gli altri che ne sanno?
Che ne sanno? Ci sono canzoni e canzoni... Queste sono canzoni
che solo chi le ascolta può sentire,
che solo chi le sente può ascoltare... Canzoni che scoprono
una bellissima coscia musicale,
che mostrano la lingua e fanno il verso, canzoni dell'altro mondo
ma, chissà come, capitate in questo.