Pasquale Panella
...il pubblico non lo voglio
- scriveva Panella - li voglio uno ad uno.
Dicono che i miei testi non si capiscono, ma cosa vogliono capire?
Che la vita e l'amore fanno soffrire?
Vogliono capire quello che sanno già.
Io rifiuto la logica borghese per cui se la canzone ha un senso
significa che l'acquirente non è stato derubato sul prezzo.
Dicono che le mie sono parole in libertà: perché,
esiste forse una gabbia dalla quale liberarle?
Io sono più che chiaro: sono pre-claro.
...l'amore è malore? {da "Il foglio", 03-10-2000}
No, ragazzi, non lo è...
...se pensate che lo sia, non lo fate...
...date un taglio alla celebrazione del martirio,
va a finire che vi prende la mano il piacere di infliggerlo.
...sulla libertà {da "La Repubblica" - 8 marzo 2001}
Non è agevole muoversi nella libertà, anzi cerco limiti.
Più è stretta la via, meglio mi trovo.
Le canzoni migliori si scrivono in galera,
almeno a giudicare dagli irregolari della letteratura francese
come il marchese De Sade, Genet o Céline,
che in prigione hanno scritto buone canzoni.
La libertà mi sembra solo una voce messa incautamente in giro.
{citato da Edmondo Berselli - Il messaggero 3-1-1995}
Sarà. ma l'intelligibilità cos'è?
Questa immensa banalità del linguaggio retorico di chi si definisce poeta...
La scrittura viene fuori da una lunghissima manipolazione di fanghiglia,
fino a che ne nasce una frase che è la risoluzione del tutto.
Ma il genio è nella manipolazione del fango e quindi presuppone il fango.
L'intelligibilità della frase presupporrebbe la conoscenza del rimestio da cui è nata.
E una frase non nata così è vuota retorica.
Se genio deve esserci, esso non può che nascere
dalla fanghiglia, dal miscuglio, dalla broda.
Premessa a Hegel:
Tratto da "Lucio Battisti. Al di là del mito."
Ringrazio ...Mister X che l'ha trascritto.
Hegel è la canzone. È un pachiderma centrale, mediano, indeciso come la canzone.
Hegel è la parola, in lui appare l'apparenza, è già Don Giovanni.
Questo disco può essere tutto o il contrario di tutto,
nel senso che potrebbe essere il lavoro di un artista
formalizzato su stilemi ormai irreversibili
o il respiro di un musicista "assente"
che di tanto in tanto piomba nelle nostre vite per poi sparire di nuovo.
È la sintesi estrema che trova nell'apparente vuoto di forma,
nella finta staticità, nell'ingannevole assenza di melodia,
la finalizzazione della musica. Non è la canzone per luoghi affollati
né per diffusioni sonore da grandi magazzini.
È una canzone non da ascoltare ma da sentire,
non coinvolgente ma avvolgente nella totalità di "suono-parola".
Panella in occasione del suo divorzio artistico con Battisti, 1994;
grazie a: IEVA@sesam.it
La canzone è una bella sospensione Non può diventare consuetudine
E il bello del canto sta nella cessazione quasi nella sua confutazione
La canzone è una Non tante E non ha che una voglia: cambiare cantante
La musica è comunque musichetta Bella per questo:
che non disturbi troppo chi aspetta una finezza rara dalla vita:
questa illusione rapida finita credibile
quanto più vanterà la sua mancanza di credibilità
Da "La corazzata" 1997
Duchesca, ogni settimana, inviava fuorvianti elzeviri
a un giornale dal direttore totemico e scriveva versetti cifrati
per canzoncine inutilmente amate e detestate inutilmente,
essendo rivolti quei versi a una persona sola, a lei,
cui idealmente dedicava tutte le vittime impalate,
trafitte dalle pertiche di quei versi sfrondati di ogni fronzolo comunicativo.
Panella sul Notre Dame de Paris {Fonte: Il Giorno, 10 ott 2002}
La partitura di Riccardo è più complessa dell'originale francese.
E io ho tradotto la partitura. Il libretto francese mostra i personaggi
solo di fronte, io li ho descritti anche di spalle.
Prefazione a un cd antologico di Clem Sacco
edito dalla On Sale Music di Italo Gnocchi:
CLEM SACCO - IN ACTION, On Sale Music - 52OSM 075
(2006, grazie a Edmondo Barbero per la segnalazione)
PER CLEM SACCO
Con quanta ostinazione
quest'uomo, con quanta allegria rabbiosa,
con quanto sentimento di sé e non di chissà cosa,
come fintamente avrebbe potuto far credere, con
quanta avventurosa e rapida avidità di suono e di parole,
com'è per l'avanguardia, con quanto giusto disprezzo per un mezzo
risibile se distanziato dal sostentamento, con quanta tentazione
commerciale, lussuriosa perché esposta, con quanta grazia beffarda e
mascalzona, quest'uomo ha sfruttato la canzone come si deve e non come si
nega. Questo si chiama: vivere di canzone. Torcendo il fil di ferro della
propria vita intorno al rocchetto italiano.