I testi contenuti in questo libro non hanno bisogno di alcuna presentazione, né,
tantomeno, il loro autore. Se, tuttavia, Ivan Illich ha voluto invitarmi a scrivere
l'introduzione del suo libro, e se io ho accettato con piacere, ciò dipende
da un'unica ragione che è stata alla base di entrambi i nostri intendimenti:
abbiamo pensato che questa può essere un'occasione utile per chiarire la natura
di un comune atteggiamento e di una fede comune, per quanto alcuni dei nostri punti
di vista differiscano tra loro, anche in modo considerevole. Del resto, le idee
che lo stesso autore oggi esprime non sempre coincidono con quelle che egli
manifestava al tempo in cui, in diverse occasioni ed in un arco di anni
abbastanza ampio, scrisse i saggi contenuti in questo volume. Ma una cosa è quella
che conta: Illich è sempre stato fedele a se stesso per quanto riguarda il nocciolo
più autentico del suo approccio alla realtà ed è questo nocciolo che mi sento
di condividere con lui.
Non è facile trovare il termine appropriato per definire questo nucleo essenziale.
Com'è possibile, infatti, rinchiudere un atteggiamento fondamentale nei confronti
della vita in un semplice concetto senza alterarlo e distorcerlo? Eppure, dal momento
che non possiamo fare a meno di comunicare con parole, mi sembra che la definizione
più adeguata - o meglio, la meno inadeguata - sia quella di un radicalismo umanistico.
Cosa viene a significare il termine radicalismo e cosa implica l'aggettivo
umanistico legato a quel sostantivo?
Quando parlo di radicalismo non intendo principalmente un certo insieme di idee
radicali, quanto piuttosto un atteggiamento - come dire - un approccio alla realtà.
Tanto per cominciare un simile approccio può essere caratterizzato dal motto:
de omnibus dubitandum; ogni cosa deve essere posta in dubbio, ma soprattutto
quel patrimonio ideologico di concetti cristallizzati che sono virtualmente assunti
da ciascuno e diventano, di conseguenza, assiomi fondamentali del senso comune
che nessuno oserebbe porre in dubbio.
"Dubitare", in questo senso, non implica certo una condizione psicologica
di incapacità d'arrivare a decisioni o convincimenti ben fondati, come nel caso
del dubbio ossessivo, quanto piuttosto una prontezza ed una capacità di porre
in discussione criticamente tutte le certezze e le istituzioni che sono diventate
puri e semplici idoli chiamati senso comune, logica e tutto ciò che si
presume essere naturale. Questo modo radicale di porre in discussione le
acquisizioni del mondo in cui viviamo è possibile solo quando non si diano per
scontati i concetti base della società in cui si vive o addirittura di un intero
periodo storico, come ad esempio, l'intera cultura occidentale dal Rinascimento
in poi, e ancor più, se si dilata la portata della nostra consapevolezza cercando
di scoprire gli aspetti inconsci che condizionano il nostro pensiero. Il dubbio
radicale è, al tempo stesso, svelare e scoprire; è il sorgere della consapevolezza
del fatto che l'Imperatore è nudo e che i suoi splendidi vestiti non sono altro
che il prodotto della nostra fantasia.
Il dubbio radicale significa mettere in questione; non significa necessariamente
negare. È facile negare mediante la semplicistica affermazione del contrario
di ciò che esiste; il dubbio radicale è dialettico dal momento che in esso si svela
il processo delle contraddizioni e con esso si tende ad una nuova sintesi
che nega e afferma contemporaneamente.
Il dubbio radicale è un processo, un processo di liberazione da concezioni idolatriche,
un modo di ampliare la nostra consapevolezza, l'immaginazione, la visione creativa
che dobbiamo avere in ordine alle nostre possibilità ed alle scelte che ci impegnano.
Un atteggiamento radicale non nasce dal nulla, non prende forma nel vuoto: esso
parte dalle radici, e la radice, come disse Karl Marx, è l'uomo.
Questa grande affermazione, "la radice è l'uomo", non va intesa in senso
positivistico o meramente descrittivo: quando parliamo dell'uomo non lo consideriamo
come una cosa, ma come un processo; parliamo, quindi, del suo potenziale creativo,
della sua capacità di sviluppare ogni suo potere, il potere d'una più grande intensità
di essere, il potere di una più grande armonia di vita, d'un più grande amore,
d'una più grande consapevolezza. Ma parliamo anche dell'uomo come di un essere
che si può corrompere, di un essere il cui potere di agire si può trasformare
nella libidine di dominare sugli altri, il cui amore per la vita può degenerare
nel gusto folle di distruggere la vita.
Questo radicalismo umanistico che mette in discussione drasticamente la realtà
è guidato da una chiara intuizione della dinamica della natura umana e dalla preoccupazione
per la crescita e il pieno sviluppo dell'uomo. In antitesi con l'attuale concezione
positivistica, esso non è obiettivo, se per obiettività si intende il teorizzare
senza che il processo del pensiero sia sostentuto e nutrito da un ideale profondamente
sentito. Ma è anche troppo obiettivo se ciò significa che ogni fase del processo
di riflessione poggia su una evidenza criticamente scrupolosa, e soprattutto,
se accetta di mettere in dubbio le premesse del senso comune. Tutto ciò significa
che il radicalismo umanistico interroga ogni idea ed ogni istituzione su di un
punto essenziale, quello cioè di sapere se essa aiuti oppure ostacoli la capacità
dell'uomo di raggiungere una maggiore pienezza di vita, una maggiore felicità.
Non è questa la sede per dilungarsi in una esemplificazione del tipo di acquisizioni
del senso comune che vengono poste in discussione, dal radicalismo umanistico.
E tanto meno ciò è necessario, dal momento che gli scritti di Illich raccolti
in questo libro si occupano proprio di simili esempi, come l'utilità della scuola
obbligatoria per tutti o dell'attuale funzione del prete nella società. Molti
altri potrebbero essere enumerati, alcuni dei quali, del resto, emergono anche
dalle pagine di questo libro. Per quanto mi riguarda vorrei sottolineare appena
un poco il moderno concetto di progresso, inteso come un costante aumento della
produzione, del consumo, della velocità, dei livelli massimi di efficienza e di
profitto, e della possibilità di calcolare ogni attività in termini economici
senza alcuna considerazione degli effetti che ne derivano per la qualità della
vita e della crescita dell'uomo; oppure il dogma secondo cui l'aumento dei consumi
renderebbe l'uomo felice, o quello per cui l'organizzazione imprenditoriale su
larga scala deve necessariamente essere burocratica ed alienante, o la concezione
che ripone lo scopo della vita nell'avere (e nell'usare) e non nell'essere; l'idea
secondo cui la ragione è un fatto che riguarda l'intelletto e non ha nulla a che
fare con la vita affettiva; la convinzione che il radicalismo è la negazione della
tradizione e che l'opposto di "legge ed ordine" è la scomparsa di qualsiasi
struttura. In breve, il dogma secondo cui le idee e le categorie che si sono sviluppate
con l'affermarsi della scienza moderna e dell'industrializzazione sono superiori
a quelle di ogni cultura anteriore ed indispensabili per il progresso del genere
umano.
Il radicalismo umanistico mette in discussione tutti questi presupposti
e non teme di giungere all'espressione di idee e soluzioni che possono suonare
assurde agli orecchi della gente. Io ritengo che il grande valore degli scritti
di Illich consista precisamente nel fatto che essi rappresentano un radicalismo
umanistico fra i più completi e carichi di immaginazione creativa. L'autore
è uomo di raro coraggio, di grande vitalità, di straordinaria erudizione,
brillante nello scrivere e fertile nell'immaginazione: ogni suo convincimento
è basato su un profondo interesse per la crescita dell'uomo intesa in ogni senso,
fisico, spirituale ed intellettuale. L'importanza del suo pensiero, quale emerge
da questi e dagli altri suoi scritti, consiste nel fatto che essi hanno un effetto
liberante sulla mente del lettore nella misura in cui svelano interamente nuove possibilità;
essi arricchiscono il lettore aprendogli la porta dalla quale si può uscire
dalla prigione delle cognizioni sterili, preconcette, frutto della routine quotidiana.
Mediante uno choc creativo gli scritti di Ivan Illich comunicano un messaggio;
solo chi reagisce esclusivamente con rabbia a quelle che gli sembrano semplici
assurdità, non può intendere questo messaggio; per gli altri, per tutti, essi
parlano la lingua della forza e della speranza che spingono a cominciare di nuovo.