[...] Il pensiero di [Matthias] Rieger ha un'importanza centrale
in ciò che dirò adesso. Se noi consideriamo la sua ricerca
musicologica, la storia della musica occidentale appare
come un riflesso di diversi cambiamenti che si sono prodotti
in diverse parti della società europea. [...]
I Greci avevano il concetto di tonos che si può intendere
come "giusta misura", "ragionevolezza" oppure "proporzione".
[...] Si vede chiaramente che, se il benessere comune
non è costruito su un tonos - una certa tensione, una proporzione
fra gli umani e la natura - l'idea di tassa energetica,
con altre soluzioni economiche alternative, si trasforma
in utilitarismo adattivo, in amministrazione tecnica orientata
ai sistemi o in pettegolezzi diplomatici sull'ambiente.
Un centinaio di anni prima della Rivoluzione Francese
si è cominciata a perdere la nozione di proporzione
come idea direttrice o di orientamento, come la condizione
per trovare il proprio status fondamentale. Fino ad oggi,
non si è quasi notata questa sparizione culturale.
La corrispondenza fra alto e basso, destra e sinistra,
macro e micro è stata intellettualmente ammessa,
con la conferma dei sensi, fino alla fine del XVII secolo.
La proporzione era anche un principio direttivo
per l'esperienza del proprio corpo, degli altri e
dei rapporti fra i generi. Lo spazio era generalmente
compreso come un cosmo familiare. E il cosmo significava
quell'ordine di rapporti nel quale le cose sono originariamente
collocate. Per indicare questa relazione, questa tensione
o inclinazione delle cose l'una verso l'altra, il loro tonos,
non abbiamo più una parola oggi. Non ci si sa nemmeno
immaginare l'esperienza di Dante, all'uscita dell'inferno,
che si rallegrava dell'armonia di quattro nuove stelle,
essendo entrato nel regno della giustizia, della temperanza,
della forza d'animo e della prudenza (Purgatorio, I).
Ai nostri giorni, si è imprigionati nel simbolo positivista
di un paradigma scientifico.
Questa proposta di tassa sull'energia ci dà l'occasione
di esplicitare l'argomento a favore di un riordinamento
di se stessi e del mondo attraverso la proporzione.
Un simile tentativo non è romanticismo; non è un ritorno
indietro dell'orologio, e certamente non è una rinuncia
alla giustizia sociale. Al contrario! Vogliamo ricordare
che questo tonos è stato ridotto al silenzio durante
il progresso dei Lumi, in quanto vittima della matematizzazione
crescente della scienza e del desiderio di quantificare
la giustizia. Siamo dunque davanti a un compito delicato:
ritrovare qualcosa come un orecchio perduto,
una sensibilità abbandonata. Forse la musica ci può aiutare.
Platone avrebbe saputo di cosa parlava Kohr. Nel suo trattato
sull'arte di governo, egli osserva che il cattivo politico è colui
che confonde misure con proporzionalità. [...]
Come ogni ragazzo, Platone aveva seguito delle lezioni
di ginnastica e musica: il raffinamento del corpo e della mente.
La technê musikê comprendeva la lettura, la scrittura, il canto
e il suono della lira. Il suo maestro gli dimostrò la proporzionalità
con un monocordo, scatola sonora rettangolare fornita
di una sola corda tesa. Gli insegnò a dividere la corda
armoniosamente con un ponticello, e in che modo le due parti
sono legate l'una all'altra. Il maestro divise la lunghezza
della corda in due segmenti, l'uno di due quinti, l'altro
di tre quinti, producendo così due suoni armoniosi.
Con l'aritmetica, la geometria e l'astronomia, la musikê era usata
come una via d'accesso ragionevole all'apprezzamento
delle corrispondenze appropriate.
Come Socrate [La repubblica III] dice a Glauco:
l'insegnamento della musica è lo strumento più potente (...)
perché il ritmo e l'armonia si fanno strada nel più profondo
dell'anima, a cui si attaccano con più forza (...). Colui che ha ricevuto
questa vera educazione dell'essere interiore saprà distinguere
le omissioni o gli errori nell'arte e in natura.
Ascoltando, vedendo e colpendo le divisioni appropriate sul monocordo,
Platone esercitò il suo talento e il suo piacere musicale in accordo
con l'armonia propria alla comunità e all'ethos nel quale era nato.
La sinestesia dell'allievo era accordata: l'adattamento coordinato
dell'orecchio, dell'occhio e del tatto a ciò che era aggraziato e buono
nella sua comunità. Ciò che era appropriato era poi giudicato buono.
La musica formava all'arte della proporzionalità, la quale comprendeva
un'opposizione alla hybris, un solido senso della moderazione.
La vergogna che poteva risultarne era garante di una mescolanza
fra giudiziosità e desiderio. La musica era il legante essenziale
di bellezza, bontà e verità, un suono che rifletteva il cosmo
- non essenzialmente interiore o esteriore, poiché non rappresentava
un modello puramente estetico o una regola morale astratta - e
instillava nell'ascoltatore una posizione o un atteggiamento
distinto che coglieva la natura del suono adatto al carattere Dorico,
un suono che si adattava al dialetto proprio di quel luogo
e di quello solamente.
Parlare in quel contesto di un centro tonale o di una tonica
sarebbe falso. Il "tono", ai tempi di Platone, non era una misura.
La proporzione era implicita nei due segmenti di una corda.
Un tono individuale era impensabile, come lo sarebbe stata
un'unità di misura nazionale di lunghezza e di peso. Piuttosto
che di tono, che comporta un centro tonale, sarebbe stato
meglio parlare di modi.
Perciò per suonare la musica adatta ad alcune occasioni
secondo le regole prescritte dall'ethos di Atene, occorreva
determinare l'intonazione del flauto o della cetra locali.
Il genos (motivo tetracordale greco) stabiliva come l'intonazione
doveva essere espressa musicalmente. Offriva un quadro
in cui scegliere il modo per poter suonare la musica del posto.
La proporzione sottintende tutto ciò: essa ne é il principio
costitutivo, il logos.
Quello che noi chiamiamo parole, i greci chiamavano logoi,
vale a dire relazioni. E ciò che noi comprendiamo solo come intervalli
tra due toni era compreso come ana-logia, come concordia
delle corde. Questa intonazione doveva corrispondere all'ethos
- cioé il ritmo, il costume, la disposizione o il portamento -,
che era così diverso tra i Dorici e gli Ateniesi come lo erano
l'andatura e il linguaggio (...).
La scelta del modo non era un problema di estetica musicale, ma un problema etico.
La regola dell'ethos locale era normativa, determinando il genos che conveniva scegliere.
Il genos musicale era sempre stabilito per analogia con il genere (parola imparentata con genos)
dei musicisti, dei cantori e dei danzatori. Inoltre, ogni occasione - tristezza o gioia, guerra
o amore - aveva il suo stile o la sua forma specifica. Quando gli uomini se ne andavano in guerra,
il flauto accompagnava i canti dorici gravi, mentre le donne, suonando e cantando dei canti eolici
alla cetra, si congedavano da loro. Lo spirito greco riposava su due basi, la proprietà
nell'espressione - trovata nella regola dell'ethos - e il tono come ana-logia, proporzione o ratio.
Un bambino di oggi non può imparare questo tipo di musica, non può essere iniziato
alle risonanze della proporzionalità. Anche se il bambino (tolgo il "non": ndr) sa leggere la musica,
vale a dire le note, il suono sarà una composizione di toni esistenti prodotti in maniera
indipendente l'uno dall'altro. La paideia, l'accordo del senso comune con gli usi di una comunità,
ha lasciato il posto a una educazione universalista. In questo tempo, il sogno di Alessandro - sostituire
le Città-stato, ciascuna fondata sul suo ethos, con un ecumene greco universale - ha nutrito
il mostruoso desiderio di un accordo globale.
L'esempio del pianoforte permette di mostrare chiaramente che cosa vuol dire tutto ciò.
Questo strumento non ha molto rapporto con il Monocordo. Non saprebbe suscitare un senso delle proporzioni,
perché è una macchina che genera precisamente delle vibrazioni misurate. Queste entrano
in delle ottave che sono tutte divise in dodici semitoni ugualmente distanti.
Il piano è anche accordato a una magnitudine invariabile: un'altezza di suono standard
di 440 hertz. L'Antichità ignorava il concetto di nota; essa non aveva alcuna idea
di un suono di questo tipo. Il tono indipendente o solitario era altrettanto
estraneo alla visione del mondo di Platone quanto lo era l'individuo - che a noi
appare così naturale. Ai giorni nostri, si postula l'esistenza di individui (...).
Per lungo tempo il monocordo è rimasto il mezzo per accordare sia gli altri strumenti
sia le persone; con l'uso del monocordo, la persona era accordata al suo ethos rispettivo.
Per ottenere l'ottava, si spostava il ponticello sulla corda in modo da dividerla in 2/1;
per la quinta la si divideva in 2/3. Sul pianoforte si ottengono dodici semitoni
e si ritorna all'ottava, ripetendo le dodici divisioni in quinte. Questo non succede
con il monocordo. L'ultima quinta si trova leggermente al di sopra dell'ottava.
Il cerchio delle quinte non corrispondeva, ma cigolava o strideva. Si attribuisce
a Pitagora, alcune generazioni prima di Platone, la scoperta di questo ululato
sgradevole, chiamato kôma.
Per tutto il Medioevo e fino al XV secolo, la musica restò
l'armonia tra un ethos e la sua proporzione (...). L'acustica, scienza dei suoni udibili,
comparve alla fine del XVII secolo (...). E così la musica si trovò ridotta
a un esempio di acustica. Mentre il monocordo era stato il nostro emblema di technê musikê,
troviamo un suono opposto nel pianoforte moderno costruito nel laboratorio
di Hermann von Helmholtz (...). All'alba del XVIII secolo, la ricerca di suoni uniformemente
(al posto di "ugualmente": ndr) temperati allargò la gamma orchestrale e favorì l'arrangiamento
sinfonico e la collaborazione internazionale nella musica (...).