Giorgio Gaber: I miei cattivi pensieri Un nuovo disco, La mia generazione ha perso. In tv dopo 30 anni di assenza, ospite del suo amico Adriano Celentano. Giorgio Gaber torna sulla scena e ricomincia a graffiare. In esclusiva per Specchio, la storia di in uomo contro che, improvvisamente, è diventato di moda. di Fabio Poletti [tratto da "Specchio" n° 271 del 21-4-2001]
Ci sono più aggettivi nella vita di Giorgio Gaber che auto in giro per Milano. Gli hanno dato del qualunquista, populista, retorico, sessista, fascista, demagogico e moralista. Per non parlar di quella volta che han scritto che era leghista: "È stato il poeta Giovanni Raboni. Diceva che avevo l'estetica leghista. Ma la Lega c'è l'ha l'estetica? Non ho mai capito quella cosa lì...". E ride, con quella smorfia che non è cambiata da 62 anni e con i capelli lunghi di sempre, nemmeno troppo grigi. Anche se ne è passato di tempo, da quando cantava Goganga, andava a Sanremo o al Carosello e con la canzone A' pizza, vinceva il secondo premio al festival di Napoli. O da quando con lo spettacolo Polli d'allevamento sentiva "le poltrone scricchiolare": "La gente veniva agli spettacoli per vedere se c'era il sangue, se c'erano le botte. Ho dovuto smettere due anni, era diventato un problema di ordine pubblico". Che poi sarebbe un vita fa. O due o tre, se le metti in fila come fa lui in un pomeriggio di molte sigarette, in un soggiorno in ombra e senza rumori che non sembra nemmeno di essere a Milano. Dove il Giorgio Gaber di sempre, racconta che dopo venti anni di spettacoli tutti dal vivo, ha registrato un nuovo cd in studio, che si chiama La mia generazione ha perso. Un titolo impegnativo, quasi una confessione: Quando uno arriva alla mia età e guarda il mondo e il mondo non gli piace, non può tirarsi fuori. Siamo tutti responsabili. E a trent'anni dal gran rifiuto, torna in tv. Almeno una puntata con Celentano per la Rai. Vado da Adriano che conosco da tanti anni, è un amico. Lui vorrebbe che ci fossi per tutte e quattro le puntate... per adesso vado a cantare La razza in estinzione, vediamo cosa succede... Quindi Gaber, dopo quaranta e passa anni, il ragazzo della via Gluck e quello di via Londonio, sono di nuovo insieme? Adriano voleva che andassi anche l'anno scorso, ma poi gli ho detto di no. Dovevo cantare Il conformista, l'ha fatto lui e ha detto molte cose carine su di me. Quest'anno mi ha richiamato e mi sono deciso. Per lei è un ritorno alle origini. Musicalmente parlando avete iniziato insieme, giusto? Ci conosciamo da una vita, avevo 16 anni e suonavo con lui il rock'n'roll. Poi a me piaceva il jazz, suonavo la chitarra, andavo al Santa Tecla che era un club che adesso non c'è più, avevo un gruppo che si chiamava Rocky Mountain. A 19 anni mi hanno proposto di incidere un disco, da lì è iniziato tutto. Sembra la storia di due ragazzi di strada.... La strada è stata molto importante per me. Sono un vero cittadino, come direbbe Céline. Da bambino giocavo a calcio, facevo il portiere e mi tuffavo sull'asfalto. La prima volta in un campetto, con tutta quell'erba ero quasi a disagio. Chissà cosa direbbe Celentano, che nel Ragazzo della via Gluck cantava che non c'era più l'erba? Sa già come la penso... Nel '64 ho scritto La risposta al ragazzo della via Gluck. Parlavo di uno che gli buttan già la casa per far spazio al piano verde: "Respirava calce e cemento ed era tutto contento...". Già si sentiva la sua verve provocatoria. Però quelli sono gli anni della tv, quando faceva il presentatore e poi il cantante. Poi più niente per 30 anni, perché? Mi dava fastidio soggiacere a certi riti televisivi. C'era un cliché, mi avevano incasellato nella sezione varietà ma mi andava stretta. È bastato questo per mollare tutto? Va beh, ero molto più popolare di ora, c'era il danaro, la gente che ti riconosceva. Ma non ho approffitato di quel momento perché mi interessava altro. Dopo un tour di due anni con Mina ho scoperto il teatro, la gente che ti viene a sentire e guardare. Ho capito che volevo fare quello. Mi piaceva Dario Fo, ma volevo essere diverso da lui. E poi il mio maestro, sa anch'io ho dei maestri..., è stato Jacques Brel. Però devo dire che non c'erano solo queste cose, si sentiva l'aria dell'impegno. Allude al '68? Sì ma non ad una cosa subito politica. C'erano stati i beatnik, il rock'n'roll, i primi dischi che i ragazzi comperavano da soli senza i genitori. E poi sono gli anni in cui mi innamoro. Ombretta studiava cinese e russo alla Statale, io andavo a prenderla con l'auto da cantante, con la Jaguar, e loro per questo non dicevano niente. Di quegli anni mi avevano colpito soprattutto due parole che sentivo ripetere molto spesso: rifiuto ed essenzialità. Molti dei protagonisti di allora adesso lo chiamano voltagabbana. Condivide? Sono successe tante cose dopo, ci sono quelli che si sono drogati o che sono diventati sanyasi. Ma chi capisco meno sono quelli che parlano del demonio Berlusconi e poi lavorano per lui in Mondadori o a Mediaset. Allora non ci andare... Non sono gli unici che ha fustigato. E a lei ne han dette di tutti i colori. Hanno messo anche in dubbio che fosse di sinistra. Lo diciamo una volta per tutte? Io non ce la faccio fisicamente ad essere di destra, ma quelli di sinistra mi fanno incazzare. Berlusconi so cos'è. E poi vedo che a sinistra fanno i manifesti uguali ai suoi. Ma com'è, 'sto mondo? Una volta c'erano le Unità sanitarie locali, adesso ci sono le Aziende sanitarie locali. Aziende? Uno si preoccupa. L'hanno anche accusata di continuare a stare con sua moglie Ombretta Colli, perché lei è di Forza Italia. Mai uno screzio in famiglia, per questo? Mia moglie ha una convinzione, che Berlusconi possa risolvere certi problemi. Io no. Ma la differenza è solo quella, su molte cose la pensiamo allo stesso modo. Lei è una cantante, un'attrice, viene dal femminismo, è una persona onestissima e si impegna in quello che fa. E poi guardi, io non voto dal '74. A questo punto gli unici discorsi che mi interessano, sono quelli sull'individuo. Nel nuovo album c'è la canzone Destra-sinistra, in cui lei mette alla berlina certi cliché: "il vecchio moralismo è di sinistra, la mancanza di morale è di destra... I collant sono quasi sempre di sinistra, il reggicalze è più che mai di destra...". Chi aveva in mente? Norberto Bobbio quando ha detto che gli estremi si stanno annullando. È vero: manca una precisa identità, c'è chi parla di solidarietà e chi di sussidiarietà, dici no alla guerra poi c'è il governo di centrosinistra che fa la guerra in Kosovo. Se fossi fanaticamente di sinistra avrei delle difficoltà, ma io ho una serie di dubbi su tutto. Temo il mercato, la Nato, le guerre, dell'Europa non me ne frega niente... Però manca l'essenza reale delle cose, non c'è discussione. E se manca quella, finisce tutto. La politica ha dimenticato l'individuo e le conseguenze si vedono, basta guardare la gente per strada: individui disperati, incerti sul futuro. È a loro che ha dedicato L'obeso? L'obeso è l'uomo che fagocita tutto, l'uomo che non ha capacità di critica e che è in balìa di un bombardamento di informazioni ingurgitate senza pensare. Pensavo a certi americani grassi, da lì viene la frase "l'obeso è l'Infinito di un Leopardi americano". Adesso diranno che è distruttivo non crede? Avrò i miei difetti, ma riconoscete la mia onestà intellettuale. Io non sono distruttivo, sono stato frainteso molte volte. Penso sia meglio affrontare la realtà, se no non se ne esce più. La mia generazione ha perso. I nostri slanci, i nostri ideali e le passioni, non sono riusciti a cambiare il mondo. Diciamolo. Riconoscerlo vuol dire che non è finito tutto. Il popolo di Seattle non sarà d'accordo. Cos'è? Abbiamo tutti delle grosse perplessità sugli organismi geneticamente modificati, abbiamo tutti paura. Ma quando spaccano le vetrine sei spiazzato. Quando si supera il livello del dubbio e della ricerca e si va verso la certezza dell'antagonismo, si blocca ogni processo evolutivo. Lei lo cantava già tanti anni fa con I reduci. Era il'76. I primi dubbi mi erano venuti nel '75. Chiudevo il festival del Parco Lambro, dopo Battiato e la Pfm. Guardavo quelle colline piene di gente e mi chiedevo, dove andrà a finire tutta questa energia? Con il Gruppo Gramsci ci interrogavamo e l'anno dopo abbiamo visto le partite al pallone, con i polli presi negli espropri. Erano le prime avvisaglie del Movimento del '77, le autoriduzioni, le molotov e gli indiani metropolitani. Tutto questo lei non l'ha amato, vero? Non era più come dieci anni prima, non c'erano spinte culturali. Quando poi su un muro ho visto la scritta "Liquori gratis", ho capito che era finito tutto e che volevano solo una fettina di mondo senza cambiarlo. L'anno dopo lei fa Polli d'allevamento, altre bastonate a suon di musica. E come risposta iniziano le critiche più severe contro di lei... Quando facevo certe canzoni sentivo i silenzi, sentivo le poltrone scricchiolare per il disagio in platea... Sandro Luporini con cui da sempre scrivo i testi, andava al cinema e veniva alla fine dello spettacolo per vedere quello che succedeva. Mi sono fermato per due anni, non si poteva andare avanti così. Sembra che non le bastasse mettere a nudo i dubbi e far crollare le certezze. Cosa voleva, di più? Fare solo domande senza porre le risposte, fa parte del pensiero debole. Preferisco i pensieri forti. Però magari non ce li hai e allora stai male. La scuola fa schifo, ma non so come dovrebbe essere. Gli extracomunitari? Così com'è non va bene, ma non so cosa si debba fare. Il mercato non mi piace, vorrei uno sviluppo sostenibile, per fortuna sono uno che consuma poco... In Un uomo e una donna canta che "riparlare del mondo non più come condanna, ma cominciando da noi, un uomo e una donna". Cosa significa? Che c'è un rapporto tra l'amore e quello che succede nella vita. Che bisogna guardarsi dentro, lo so che è durissimo, ma in amore non si può fingere. Alla fine rimane solo una Razza in estinzione? Dove racconta della "mia generazione che ha visto migliaia di ragazzi pronti a tutto, che stavano cercando magari con un po' di presunzione di cambiare il mondo. Possiamo raccontarlo ai figli senza alcun rimorso, ma la mia generazione ha perso". Vuol dire che non c'è speranza? Adesso siamo delusi perché avevamo più aspettative e riconoscere i nostri fallimenti fa male, ma è l'unica soluzione per ritrovare energia, entusiasmo e voglia di vivere. Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità e riflettere su quello che abbiamo fatto.