[Dal retro di copertina] - Difficile credere che le cose possano veramente cambiare.
Difficile credere seriamente in un mondo migliore, fatto su misura d'Uomo
e non sulla misura dei Prepotenti, di qualunque colore siano. Sembrano speranze da utopia.
Inc e Ics, invece, sono convinti che la Terra possa finalmente diventare la patria dell'Uomo.
Non solo ne sono convinti, ma ne danno la prova logica. Infatti vogliono:
1* Creare nella città di Venezia la prima Repubblica Stocastica della Terra,
naturalmente dopo aver distrutto i Parassiti sociali con la semplice arma della Scheda Bianca,
la più esplosiva delle atomiche.
Spiegano come si possa:
2* Dare una casa civile a tutti,
3* lavorare meno e guadagnare di più,
4* abolire leggi, processi, carceri, instaurando perciò una reale giustizia umana,
5* ridurre le tasse a una misura sensata e sopportabile,
6* usare il nudismo
per fare dispetto allo Stato,
7* abolire ogni tipo di Violenza, compresa
la prossima Terza Guerra Mondiale,
8* abbattere pacificamente il Prepotere.
E affermano che:
9* Fu proprio Marx a inventare il Supercapitale,
10* il maschio non è che una femmina degenere
e perciò il primato sociale spetta alla Donna,
11* causa di tutti i guai dell'Uomo
è la sua fede nelle Utopie, delle quali viviamo.
Infine, Inc e Ics annunciano la nascita dell'Uomo-re, in un mondo senza né padroni né servi.
Questo sì è socialismo.
Dalla voce Amicizia, del 'Vocabolario Pedagogico':
Splendida, se esistesse.
Dalla voce Anarchia:
Direi che il più antico sogno dell'uomo è proprio questo: l'anarchia.
Un sogno ancora più vecchio del socialismo, che è vecchissimo, millenario.
Del resto è logico: perché l'anarchia è un sogno umano, mentre il socialismo
è un sogno economico. Ma perché è un sogno? Perché l'anarchia è sempre stata considerata
un'utopia, cioè una condizione di vita perfetta ma irrealizzabile?
Semplice: gli uomini sognano una cosa sbagliata. Un piccolo errore di parola.
Che cosa vuol dire, precisamente, anarchia? Derivandone il significato dalla lingua greca,
dalla quale parola è stata presa, vuol dire "mancanza di governo";
"stato di un popolo che non ha un governo". Quanto a questo gli italiani
non dovrebbero lamentarsi. È un bel pezzo che vivono nell'anarchia.
Secondo il Palazzi l'anarchia è "la dottrina politica che intende abolire ogni autorità
centrale e riunire i poteri amministrativi della società attorno a piccoli gruppi
di lavoratori, in modo da controllare direttamente i mezzi e i beni di produzione".
Poi aggiunge che in senso figurato la parola significa confusione e disordine.
1) La parola "anarchia" è insensata. Non vuol dire niente, sul piano logico.
Vuol dire "senza governo". Ma non è a questo che mira l'uomo. Questo lo vogliono
i cavalli pazzi e i bambini. L'uomo non vuole su di sé, il governo d'altri.
Ma vuole il proprio. Quindi non è che voglia l'anarchia; bensì la "autarchia":
ossia vuole governarsi da sé. Ecco perché il grande sogno dell'anarchia,
dell'assenza di ogni tipo di governo, non è che un sogno infantile:
gli unici veri anarchici sono i dadaisti, in arte e in politica, che non tollerano
su di sé nemmeno il proprio governo. Tutti gli altri - che si dicono anarchici
o che anche incoscentemente aspirano, attraverso la mediazione del socialismo, all'anarchia
- in realtà sono "autarchi" ("autarca", non autarchico, "anarca", non anarchico;
come un re è "monarca", non monarchico: uno che governava da solo se stesso e gli altri;
mentre l'anarca è un cavallo pazzo e l'autarca è l'uomo-re, colui che non ha bisogno
di stampelle altrui per governare se stesso).
2) L'autarchia non è un sogno e tanto meno un'utopia. È anzi la condizione fondamentale,
inevitabile, per poter costruire una vita sociale e umana che valga la pena di essere vissuta.
Conseguenze dell'autarchia - al contrario di quanto spiegano i vocabolari per l'anarchia -
non sono la confusione e il disordine, ma l'ordine e la chiarezza. Nella condizione
autarchica i poteri amministrativi non sono in possesso di "piccoli gruppi di lavoratori",
né lo sono i mezzi di produzione e i beni prodotti: ma tutto ciò è in possesso
dell'intera società popolare [una sorta di "Città-Stato", ndr], che ha un solo interesse generale,
il proprio, risultato della somma degli interessi particolari di ogni gruppo,
liberi uno accanto all'altro come è libero l'uomo accanto all'uomo:
nessuna libertà può danneggiare la libertà altrui, né la libertà altrui
può danneggiare la nostra. È intorno a questo concetto che ho costruito il progetto
della Repubblica Stocastica. [Con richiesta di distacco di Venezia dallo Stato, ndr]
A proposito della parola "autarchia", questa può ricordare a taluni italiani,
vecchissimi, il cattivo uso - verbale - che ne fece il Fascismo, volendo significare
un appartarsi dall'economia generale del mondo per ripiegare - per ragioni
di predominio politico - sulla sufficienza dei proprii mezzi: e dove questi non erano sufficienti
si ricorreva ai surrogati, così impoverendo di fatto la vita del popolo.
Peccato che il Fascismo, dunque, abbia sprecato per anni questa parola e questo concetto,
stravolgendone il senso; ma non è una ragione sufficiente per cancellare la parola
dal nostro vocabolario o per non usarla nel senso genuino che le compete. (...)
3) Ovvio che l'autarca può essere tutto meno che violento. L'autarca è un uomo intelligente,
poiché ritiene se stesso capace pienamente di autogovernarsi. Se è un uomo intelligente,
che riflette, avrà capito subito che la violenza non serve a nulla. (...)
Perciò - se l'impostazione del movimento anarchico fosse stata corretta fin dal principio -
nessun aspirante autarca, detto anarca, avrebbe mai commesso la minima violenza (...)
le diverse anarchie tentate nel mondo finora (...) hanno persuaso gli anarchici
a quella che essi chiamarono "propaganda con i fatti": cioè azioni violente,
assassinii di esponenti del Prepotere, atti di terrorismo bestiale con la stupida convinzione
che dando dei colpettini di spillo a un elefante la bestia si arrenda. Tutto
per non aver capito che cosa significhi veramente la parola "anarchia". (...)
Dalla voce Anonimo:
Strano destino di questa parola. Il Prepotere la teme e insieme se ne serve.
Quando non gli fa comodo la condanna. Quando cinquanta deputati, obbedendo alla propria coscienza
(o ad altri ordini) votano contro il proprio partito, essi sono "franchi tiratori",
"cecchini", "traditori". Ma quando qualcuno manda agli organi del Prepotere una lettera
anonima di accusa contro un rivale (del Prepotere), egli viene lodato e premiato.
L'ordine pubblico ha un robusto alleato negli anonimi: pubblicamente li esorta
a denunciare i complici. (...)
No, non c'è nulla di disonorevole nell'anonimato popolare. Se così fosse, in Italia
ci sarebbero quaranta milioni di persone spregevoli: tutti quelli che,
a ogni convocazione di legislatura, entrano in cabina e esprimono, anonimamente,
la loro volontà.
O vogliamo abolire il segreto elettorale?
Dalla voce Arte 1:
Dicevo, l'ho detto per anni, che l'arte comincia dove la Natura finisce.
Non è proprio vero. Ci sono momenti, occasioni, in cui anche la Natura fa arte.
Sembrerebbe impossibile: la Natura non è che il Caso visibile; e il Caso è ferrea logica:
non c'è spazio per ciò che noi diciamo "caso", nel Caso. Tutto vi è previsto,
tutto quadra, tutto ha una ragione funzionale. Mentre l'arte è soprattutto imprevidenza
(come stimolo: poi può essere sciagurata o eccelsa). (...)
Tutto sommato, sembra un errore classificare storicamente i prodotti d'arte.
Forse, invece, è possibile classificare i sottoprodotti. Allora potremmo dire
che l'arte classificabile non è arte genuina. Lo sembra. Anche se è espressa
da grandi teste; si tratta di arte polemica: dove c'è genio, forse, ma usato
soltanto per fare bene due uova in padella.
Per esempio gli "-ismi". Classicismo, romanticismo, impressionismo, futurismo,
avanguardismo, e via via con la pioggia contemporanea di ismi nei quali si rifugiano
più aria fritta che cultura, più bolle di sapone che arte. (...)
Le ultime tracce di arte bisogna andare a trovarle nei prodotti d'arte dei cavernicoli,
o poco più giù: nei greci, per esempio, c'era ancora qualche frammento d'arte,
più di tutto quando si ribellavano a se stessi, al proprio classicismo. Ma dove, ancora?
Tutto il Rinascere - dal Duecento in poi - è da buttar via, pressoché in blocco.
Salvo, naturalmente, un Masaccio, un Giotto; o sette/otto versi di Dante
e di qualcuno dei suoi contemporanei. Ma non sarà arte il Petrarca, no? O Raffaello?
Per me è pura accademia, come quella del grandissimo alfabeta D'Annunzio.
Abilità somma; ma come arranca, l'abilità, dietro l'arte. Prendiamo la musica:
negli ultimi tre secoli di arte ce n'è qualche chilo, sì, su tonnellate,
megatonnellate di note prodotte. E di chi? Mozart: forse un due per cento,
di ciò che ha scritto (incastratissimo, scriveva per le classi, la sua classe
aristocratica, quella che gli garantiva il pane: come poteva fare dell'arte
se la sua quasi unica preoccupazione era di piacere a Corte?). Il terribile Beethoven:
che s'era deciso a fare arte nei suoi ultimi anni di vita ("Ai musicisti non piace
ciò che scrivo? Non lo capiscono? Non me ne importa: ho smesso di lavorare per il pane":
sono parole sue). Be', e l'arte di Beethoven, che indubbiamente ha le sue radici
genetiche nel Settecento, dov'è andata a parare? In quale secolo? Come la classifichiamo?
Forse nemmeno tra cinquecento anni sarà possibile all'uomo esaurire la comprensione
corretta e piena della musica di Beethoven. Questa, di lui, è arte: libera indagine
della mente umana, di una "certa" mente umana (cantici di Salomone: "È privilegio di Dio
addensare il mistero, è diritto dei re indagarlo"), al di là dei confini visibili
della Natura: nelle pieghe estreme del Caso, ai limiti del percettibile.
Che poi tutti sperino di fare arte, o di averla fatta, è un altro discorso.
Ma non può essere un discorso d'arte. Che è, l'arte, un dono del Caso
più raro di quello che possa essere la Grazia per i fedeli. Adieu.
Dalla voce Arte 2:
Poi volevo dire una cosa: le enormi responsabilità degli artisti nella storia
(tragica) dell'uomo. Il quale uomo è sempre stato sensibile ai suggerimenti dell'arte;
anzi, non c'è modo migliore di fargli inghiottire una pillola che quello
di dargliela a bere avvolta in un fatto d'arte; o che egli creda d'arte.
Dunque la responsabilità dell'artista è grande e la sua colpa - se ne ha - è inescusabile.
Si può perdonare lo sciocco, che si spera artista e cerca di spacciare
per prodotto d'arte i suoi vorrei ma non so. Ma come perdonare chi senza dubbio
è capace d'arte, e ne approfitta per dare una mano al Prepotere nel truffare l'uomo?
Per esempio parlo di Pablo Picasso. Che i galleristi abbiano dato una robusta mano all'imbroglio,
sta bene. Sono commercianti e pare che in commercio la buona fede cresca.
Ma Picasso era un vero pittore. Un ottimo pittore, anche se non grandissimo.
Perché ha scelto di diventare - nella fama - grande a scapito dell'essere onesto?
Perché ha lasciato che coorti di logologi, di frittolini, intontissero l'uomo
sui significati sublimi - e inesistenti - delle Demoiselles d'Avignon e di Guernica,
che invece non sono che prese proctologiche, in danno del povero uomo
in attesa che lo si aiuti a diventare uomo?
Così in musica. Finito Puccini, questo sfortunato centennio - il secolo metastatico -
è caduto nelle mani di uno Stockhausen, di un Cage, di un Berio. Torno a ripetere che senza il coro
dei laudatores essi sarebbero rimasti ignoti: peraltro questa colossale ciarlatanata
ha coinvolto, e irrimediabilmente guastato, intere generazioni umane. Siamo,
ancora una volta, all'elenco telefonico: che non solo è spacciato per poesia,
ma per musica: si dà il premio Nobel alla raganella del telefono. Perché, non è musica?
Non è ritmo? Soprattutto, non è soldi?
Dalla voce Assoluto:
La parola peggiore del vocabolario umano. La causa dei peggiori errori dell'uomo.
In termini filosofici significa qualcosa che "è in sé e per sé senza dipendenza
o relazione": non basta per averne orrore? (...)
Se un bene Einstein ha fatto all'umanità è stato quello di inseminare nell'uomo
il concetto generale di "relativo": cioè dell'antidoto all'assoluto. (...)
Dalla voce Cacocrazia:
Quell'attuale regime politico che il Prepotere chiama "democrazia".
È l'opposto di "eucrazia" - che non esiste per fortuna - che vuol dire
"governo dei migliori" (è un sinonimo di "aristocrazia", appunto).
Mentre "cenocrazia" non esiste ma è l'unico regime augurabile - vuol dire
"governo dell'uomo comune". Quello che il Prepotere chiama "qualunquismo".
"Cacocrazia" significa "governo dei peggiori".
Dalla voce Casa:
(...) È preferibile non avere la proprietà della casa in cui si abita. Il desiderio di proprietà
corrisponde al timore, che è stato ragionevole e comprensibile per migliaia di anni,
di poterne essere privati. Questo timore, nato proprio per il comportamento dispotico
del Prepotere, è stato uno strumento potente per asservire l'uomo e legarlo,
con il pretesto della sicurezza della casa, ai luoghi di sfruttamento.
Chiaro che l'uomo che lavora alla Fiat, e che è riuscito a comperarsi una casetta
nei pressi dello stabilimento (e perciò a porsi nelle condizioni di lavoro ottimali:
trasporti, alimentazione, ecc.), sarà molto più malleabile, nelle sue contrattazioni
con l'azienda, di quanto non lo sarebbe se uscirne non significasse ricominciare daccapo
a cercare casa. Inoltre per imbullonare meglio il lavoratore, il Prepotere ha inventato
la rateazione. Un mutuo/casa dura dai venti ai trent'anni: il lavoratore è incastrato per sempre.
Ecco perché nella Repubblica Stocastica [di Venezia, come proposto dall'autore, ndr]
nessuno è padrone di casa: questo garantisce a tutti una vera libertà di decisione.
Dalla voce Caso:
La sinusoide del Caso è formata analogicamente da grandi coppie di elettroni,
uno positivo e uno negativo; coppie ottenute mediante una coniugazione di carica di genere
ancora imperscrutabile. Elettroni e positoni. La simmetria e la rigorosità di comportamento del Caso
sono dovute a questa ipotesi di legge superiore. Già undici antiparticelle sono sperimentalmente note:
è l'antimateria: è il Caso.
La cosa è perfettamente equa, perché la vita è dialettica. Nulla può sensibilmente esistere
se non c'è la stessa cosa che antiesista, o controesista, specularmente; non ci può essere
materia senza antimateria; non ci può essere una classe positiva se non c'è una corrispondente
classe negativa; non ci può essere bianco senza nero; non c'è torto senza ragione o ragione
senza torto; non bene senza male; perfino Dio ha bisogno della sua immagine negativa,
il Diavolo, per esistere. Per avere un senso, almeno formale (ecco perché se scompare l'uomo
scompare Dio: uno comporta e contiene l'altro).
È ovvio che una società umana reale, cioè logica, funzionante e durevole,
debba modellarsi sull'unica legge rintracciabile, quella del Caso. Perché non soltanto è
- matematicamente - l'unica legge; ma equa in quanto l'unica disponibile ed equa
in quanto ragionevolmente tale.
Sul piano dell'applicazione pratica un errore negativo è compensato da un errore positivo;
chiamo errori i fatti casuali incalcolati. Nell'amministrazione pubblica il sorteggio
stocastico (casuale) garantisce, per un numero infinito di sorteggi, la perfetta
rappresentazione media della popolazione, una vera cenocrazia; per un numero finito
e di grandezza limitata - diciamo dieci anni di amministrazione - una rappresentazione
media con medie probabilità di approssimazione all'equità.
Non si tratta, fortunatamente, di una soluzione politica perfetta.
Purtroppo è vero che con il tempo, con il procedere verso i grandi numeri,
questa soluzione è destinata ad avvicinarsi sempre di più alla perfezione:
finché diverrà statica, nauseante, orrenda, e bisognerà tornare ragionevolmente
al disordine per tornare a vivere.
Ma ora dal disordine stiamo per uscire, o almeno vogliamo uscirne, o almeno
voglio uscirne io. La società umana stocastica non è soltanto la via di scampo migliore,
ma è l'unica affidabile per non correre all'indietro. Verso le vecchie caverne.
Poiché questa non sarebbe la vita adatta per l'uomo; lo sarebbe per l'animale;
così non ho dubbi che c'incamminiamo verso un mondo stocastico. Quando?
Da questo stesso momento. (...)
Dalla voce Dubbio:
Una delle più importanti qualità intellettuali dell'uomo; anche delle spirituali.
Chi vive avendo sempre in tasca un po' di dubbio ha un'assicurazione decente contro l'errore.
Sì, errori ne farà egualmente; ciò è nell'ordine stocastico delle cose; ma potrà scansare
gli errori più gravi, le impennate della sinusoide casuale.
Infatti gli errori irrimediabili sono fatti da chi non ha alcun dubbio. Da un certo tipo
di scienziati; dai religiosi; dai politici; dai giudici; dai militari. C'è un enorme differenza
tra "sapere" e "presumere" o "congetturare". In realtà nessuno "sa" mai niente,
poiché non c'è niente di assoluto, alla nostra portata intellettuale, che noi possiamo sapere.
Invece possiamo "presumere", possiamo congetturare che... Ossia, l'unico parametro
dell'uomo davvero intelligente è il dubbio. (...)
Dalla voce Eroe:
(...) vero "eroe" (...) è chi rifiuta sia di dare sia di ricevere la morte. In guerra,
per esempio, il vero "eroe" sarebbe chi scappa. Il disertore. Colui che non obbedisce
al Prepotere quando questi gli ordina di uccidere o di essere ucciso.
Dalla voce Gesù:
(...) Salì sulla croce duemila anni fa e da allora non ne è più sceso. Ve lo tengono,
bene inchiodato e quotidianamente offeso, intere generazioni di cristiani.
Dalla voce Guerra:
(...) la vendetta non porta a nessuna giustizia: o ristabilimento dell'equità: non fa che tentare
di compensare uno squilibrio con un opposto squilibrio e se possibile maggiore.
(...) Non c'è Costituzione contemporanea che non si sia affrettata a ripudiare la guerra
come mezzo di soluzione dei contrasti internazionali; ma nello stesso tempo non c'è Prepotere
che non spenda metà del reddito della tassazione nazionale in apparecchiature di guerra.
Tutti per "difendersi", ovviamente.
D'altronde, il Prepotere ha una grossa base che lo sostiene nelle opere di preparazione
e scatenamento della guerra. Militari, politici, religiosi, banchieri, industriali,
commercianti, operai e agricoltori: chi non lavora per la guerra? (...)
Altro grosso appoggio al Prepotere lo danno, e gliel'hanno sempre dato, i pensatori.
(...) Il filosofo francese Alain ne accusa i despoti: la guerra è dovuta all'ambizione dei tiranni:
il potere ama la guerra. Non s'è accorto che non c'è barba di tiranno che possa fare la guerra
se per lui non la fanno i soldati, che non sono certo despoti. (...)
L'unico che abbia visto chiaro nella faccenda, fu Kant. Nel 1795, duecento anni fa,
scrisse un Progetto per la pace perpetua, che si può riassumere in un principio:
solo la repubblica (cioè la cosa di tutti) può edificare la pace perpetua.
E come la si può ottenere questa pace?: "Poiché non c'è popolo che voglia la guerra,
tocca ai popoli vegliare per non esservi trascinati dai loro capi".
Eureka. Quindi torniamo - nella ricerca della responsabilità della guerra -
all'uomo qualunque, ai quattro miliardi di contadini e di operai, e alle loro mogli:
sono questi i veri, autentici responsabili della guerra. Sono loro che accettano
di prepararla, di pagarla, di farla, di subirla.
Come cambiare? Convincendo l'uomo del suo potere di re e insegnandogli a usarlo senza guerra:
basta che dica "no".
Dalla voce Istinto:
C'è un solo istinto: quello vitale. Tutti gli altri, detti impropriamente istinti,
sono funzioni dell'istinto vitale.
Dalla voce Legge:
"Codice" è una raccolta di leggi. La legge è una regola ferma e imposta.
Le regole ferme e imposte sono contrarie ai miei gusti e ai miei principii.
Voglio credere che ciò sia vero per qualunque altro uomo. Perciò suggerisco ...
di fare a meno di leggi e di contentarsi di principii immobili e di regole o norme mobili
accettati dagli uomini dopo che si sia verificato, al di là di ogni ragionevole dubbio,
che sono equi e utili. (...)
C'è da dire che qualunque legge, ossia una regola ferma, nasce sbagliata nello stesso momento
in cui è divulgata: proprio perché è ferma, mentre ciò che vuol regolare - essendo vivo -
è mobile. La legge riguarda un'esperienza passata. È lo specchio della saggezza di ieri.
Mentre è saggio rifiutare oggi ciò ch'era saggio ieri. (...) Per essere accettabile
una legge dovrebbe essere incessantemente mutabile: allora però non sarebbe più una regola ferma,
ossia una legge (...)
In realtà il diritto in vigore oggi verte soprattutto sulla repressione dei reati
contro il sistema di Prepotere. È una struttura finemente articolata per immobilizzare l'uomo
nella sua condizione di oggetto. Infatti, a essere protetto dagli attuali codici
è soprattutto il criminale; al quale nemmeno il Prepotere riesce, per esempio,
a impedire d'armarsi per offendere la società; mentre impedisce alla società d'armarsi
per difendersi dal criminale. (...)
Nel mondo venturo le "leggi" non occorreranno. Non occorreranno poliziotti, giudici, carceri. (...)
Quindi niente leggi, niente codici, ma un semplice cànone e un pugno di norme
continuamente rivedibili e aggiornabili (...)
Dalla voce Metastasi, della società:
(...) Groddeck, fece la scoperta più grande che mai ancora sia stata fatta: capì che mente e corpo
erano una cosa sola, che uno dipendeva dall'altro ed erano in grado ognuno di "trasformarsi" nell'altro.
Che la salute del corpo dipendeva dalla salute della mente. Che la salute della mente (e quindi
la salute del corpo) dipendeva dalla ragione. Che le deformazioni del corpo erano legate
alle deformazioni della mente. Era, evidentemente, una scoperta tanto prematura
che ancora oggi la scienza arranca dietro Groddeck.
La metastasi (...) venne in superficie per la prima volta con la comparsa di Disney.
Fu un grande successo. La gente, col respiro corto dopo la prima guerra mondiale,
che aveva rivelato i primi profondi malesseri (bolscevismo in Russia, fascismo in Italia),
tirò un sospiro di sollievo. Disney le ripresentava una Natura affabile, addirittura
infantile. Topolino. I piccoli cervi. Gli animaletti. I boschi di Panno Lenci.
Le vie in rose. Le fanciulle-bambole bonariamente, castigatamente sexy. La gente
si rassicurava. Oh ho avuto un incubo, si diceva, ma ecco qua: posso ancora sorridere.
Nemmeno Hitler, Franco, Mussolini, Stalin riuscirono a svegliarla. Mao non c'era ancora:
in quegli anni faceva coppia con Ciang Caiscec. Nemmeno la evidente follia megalomane
di Churcill e Roosevelt la impaurì. Disney era più forte di tutto. Era il sonno. (...)
Ma venne ... la seconda grande guerra. Uscirne fu ancora più difficile che dalla prima.
Disney non serviva più. (...) Allora i Beatles ebbero buon gioco. Surrogarono,
per le generazioni del dopoguerra, ciò che Disney era stato per i papà. Furono una droga spirituale.
Rappresentarono la libertà: di non lavarsi ... di vestirsi da pezzenti ... di limitare
il proprio sforzo musicale alle soporifere nenie dei futuri baronetti (ah ah). (...)
Dalla voce Missionario:
Tipico nemico dell'uomo. Infatti è colui che vuole che gente che nemmeno conosce
smetta di credere alle proprie fanfaluche e creda invece alle sue: per ottenere ciò
prima torturava e uccideva. Oggi, che questo gli è impedito, compra le coscienze
o plagia menti deboli o infantili.
Dalla voce Neofascista:
La parola indica i fascisti "nuovi": cioè coloro che si considerano eredi legittimi del fascismo.
Gli altri, invece (democristiani, socialisti, comunisti, liberali, repubblicani)
sono "vecchi" fascisti.
Dalla voce Nudismo:
(...) Non si direbbe ma l'uomo nudo è uno dei più pericolosi nemici del Prepotere. (...)
Il vestito è fondamentale, per la conservazione del sistema, per la buona salute del Prepotere.
Uno dei primi ordini che il presidente della Camera dei Deputati italiana, il comunista
Pietro Ingrao, dette appena nominato fu che nessun deputato fosse ammesso in aula
se non aveva la cravatta. Perciò restarono esclusi da una simbolica rappresentanza
in Parlamento tutti gli italiani che non usano la cravatta. (Che colpaccio, hanno mancato
i radicali: avrebbero potuto presentarsi in Camera nudi, ma con la cravatta). (...)
(...) il Prepotere occidentale dà la caccia ai nudisti. In Italia usa pretori siciliani
o napoletani o tenenti dei carabinieri che scorazzano lungo le spiagge a bordo di veloci
motoscafi e muniti di potenti binocoli (il tutto offerto, obtorto collo, dal Popolo italiano).
Ma perché? Perché la vista di un pube o di un pene sarebbe sconvolgente?
In un'Italia in cui non si ha la forza di reprimere la più volgare delle pornografie,
a disposizione di tutti in tutte le edicole? No. Se il bersaglio dello Stato fosse la sconcezza
(ammesso per ipotesi che il nudo sia sconcio), pretori e carabinieri comincerebbero dalle edicole.
(...) No, non è una questione "morale". È una questione di paura. Il Prepotere ha paura del nudismo.
È l'unico modo a portata di tutti, anche se ancora non se ne rendono conto in molti, di socializzarsi.
Un uomo o una donna nudi sono distinguibili da altri nudi soltanto perché sono - o sembrano,
che fa lo stesso - più o meno belli o gradevoli. Non perché siano piò o meno importanti o ricchi. (...)
Regola prima del Prepotere: tutti devono essere vestiti. Il nudo è un'offesa alla decenza;
e questo passi; è un'offesa alla morale; e questo passi; ma è un colpo di piccone al Prepotere,
e questo no, questo non passa. (...)
Dalla voce Nulla:
Usiamo tante parole delle quali nessuno può dare un reale significato. Nulla, per esempio.
Come si fa a descrivere il nulla? Il vuoto non è "nulla"; perché per essere un "vuoto",
dev'essere contenuto. E subito smetterebbe d'essere un "nulla". Infatti sarebbe il contenuto
di qualcosa.
Dalla voce Occhiali:
Nessuno adora il Microdìo. Anzi, nessuno lo conosce. Nessuno ne ha mai sentito parlare.
Nessuno nemmeno sospetta che esista. Eppure è l'unico Dio possibile, perché è probabile. (...)
Perché se Dio c'è, non è certo oltre i Cieli; quello è un altro Dio, di rappresentanza;
il Dio fattore, il Dio reale, è là, in fondo al più potente dei microscopii. Un microdìo.
Il Principio vitale. Come potrebbe essere commensurabile, un Principio vitale? (...)
Dalla voce Onestà:
C'è tanta gente che diventa onesta dopo aver rubato.
Dalla voce Parola:
Forse pochi ci fanno caso, ma la parola è uno dei fatti più importanti della vita dell'uomo.
Direi che viene subito dopo il respiro, assieme o addirittura prima del cibo.
Ovvio, quindi, che il Prepotere se ne sia impadronito ... creò, per la parola,
una serie di categorie magiche; le quali non avevano altro scopo che di impedire all'uomo, appunto,
la libertà di parola.
Parole sacre, misteriose, parole divine, miracolose, sagge, pazze; e sporche.
Su queste ultime il Prepotere lavorò molto. (...)
Ci sono parole che costituiscono addirittura un delitto, sempre secondo il Prepotere.
L'uomo ha completamente perso di vista la causa e l'origine di questi veti:
si tratta di tabù verbali che ormai gli sono connaturati (...)
Bisogna riportare alla libertà l'uso della parola. È l'unico modo per ristabilire
l'esattezza del pensiero e della sua corrispondenza con la parola. Fin che l'uomo
avrà paura di parlare, di pronunciare certe parole (e sono moltissime quelle vietate),
la sua "libertà sociale", e prima ancora la sua "libertà genetica", saranno formule senza senso,
roba falsa. Sarà impossibile qualunque vera rivoluzione. (...)
Dalla voce Parole del Prepotere:
Il Prepotere fa un grande uso di etichette. Ne consuma una quantità. (...)
Amore patrio: quante porcate sotto questa etichetta. Quante azioni criminali. (...)
Sobillatore ... Traditore ... Agitatore. Chi spinge la massa ad agire
in appoggio alle proprie rivendicazioni. Non gli passa manco per la mente,
al vocabolarista, che l'agitatore si agiti per le rivendicazioni della massa,
più che per le proprie. Io, di certo, non ho proprio niente da rivendicare. Sono stato e sono
fortunato, Che cosa dovrei rivendicare? (...)
Disonesto ... Adultero. I vocabolaristi chiamano l'adulterio "amore
peccaminoso". Quelli cattolici, non gl'islamici.
Fascista ... Onore. ... Purezza ... Colpa ... Peccato (...)
Dalla voce Partito:
Una luce, in tanta e così spessa tenebra mentale, è il fatto che la grandissima
maggioranza della gente non sia iscritta in alcun partito. Non appartiene a clubs,
mafie, massonerie. Non per questo non ha le sue opinioni: che difatti tenta di render note
quando gli si permette di votare. Ma il voto, purtroppo, rispecchia tutto
meno che l'autentico pensiero del Popolo: il quale può solo indicare, tra i campioni
propostigli dal Prepotere politico, in questo caso partitico, quello che si spera
meno disonesto e/o incapace.
I partiti sono sempre, e soltanto, espressioni di una minoranza. Normalmente,
di una minoranza irragionevole, ben lontana dal senso della società, che è un senso
- e deve esserlo - di maggioranza. In Italia siamo quasi sessanta milioni.
Quanti sono gli iscritti nei diversi partiti? I due più grossi, comunisti e democristiani,
dicono press'a poco un milione ciascuno. Diamogliela per buona, anche se poi si scopre
che una caterva di defunti ha la tessera del partito (serve a far mucchio). Gli altri?
Altri due milioni fra tutti (e sono generosissimo, folle). Fanno quattro milioni:
sui quaranta che hanno diritto di votare, una minoranza da ridere. Eppure sono loro,
questa minoranza da ridere (e da piangere), che governano. Sicuramente questa non è democrazia:
più esattamente, è parziocrazia o partitocrazia. E nemmeno perfetta: poiché la più grossa
rappresentanza parlamentare dovrebbe essere costituita dai rappresentanti dei cittadini
che non sono iscritti in nessun partito, anche se hanno le loro brave idee.
Appartengono anche loro a un "partito", il più importante e - se lo sapesse e volesse -
determinante: il "senzapartito".
Credo che sia chiaro, dunque, che non solo non viviamo in democrazia, ma nemmeno
secondo una scelta della maggioranza reale del popolo. Perciò è vero che viviamo sotto il sopruso
di alcune minoranze che - accordatesi tra loro per impadronirsi della macchina burocratica,
cioè del sedicente Stato - non solo governano contro l'autentico diritto popolare,
illegittimamente e illegalmente, ma aggiungono a questo delitto quello di frode,
asserendo di rappresentare il Popolo. (...)
Dalla voce Patria:
Niente in contrario alla Patria. Solo che mi piacerebbe un po' più grande, grande come
la Terra. Io sono un uomo, prima che un italiano.
Dalla voce Popolo:
In questo libro io parlo molto del Popolo. Anzi, "Utopia/Venezia" è scritto a uso del Popolo.
Ho per il Popolo la massima deferenza e chiedo che tutti l'abbiano: che cosa c'è
al di sopra del Popolo degli Uomini?
Però non sarebbe giusto fraintendermi. Desumere, da quanto ho appena detto, e più in generale
da questo libro, che io ami il Popolo. Io amo l'Uomo. Anzi, amo me.
... oggi siamo ancora ai progetti d'uomo non all'uomo ... Non sento alcun obbligo morale
verso questo Popolo attuale che ha obbligato me, e tanti prima di me, e chissà quanti dopo di me,
a usare la nostra vita privata, le nostre uniche forze per tentare di issarlo da terra,
dov'è pesantemente sdraiato da millenni. (...)
Dalla voce Prigione:
Luogo dove il Popolo è costretto dal Prepotere a mantenere i nemici della società.
Nonché i proprii amici, ma nemici del Prepotere. Luogo rivoltante, indegno dell'uomo.
Dalla voce Processo:
Tutti sanno che cosa sia un processo. Ma pochissimi sanno che è una delle invenzioni
più stupide dell'uomo, frutto pieno della sua ignoranza. (...)
Dalla voce Qualunquista:
(...) il qualunquista è il grande spauracchio dei truffatori politici. Chi è il qualunquista?
L'uomo della strada, l'uomo qualunque. L'uomo che lavora, l'uomo che non si fa mantenere
dagli altri. L'uomo che ha - chiare - le sue opinioni politiche; ma non ne fa un mestiere.
Come ha - chiare - le sue opinioni religiose; ma neanche di queste fa un mestiere.
Ovviamente è il nemico numero uno degli Sfruttatori. È colui che a ogni convocazione elettorale
aumenta il numero delle file del più grande partito italiano: i non-votanti e le schede bianche.
(...) L'uomo che ne ha piene le tasche della politica; o meglio, dei politici. (...)
D'altronde, chi darebbe l'esempio, di quelli che predicano la santità del lavoro?
Chi di loro lavora? Chi di loro produce qualcosa che sia utile all'uomo?
I politici? I religiosi?
(...) Sarebbe ora che l'uomo qualunque, anziché vergognarsi di essere un uomo qualunque,
ne fosse orgoglioso.
È meglio essere qualunquisti o parassiti?
Dalla voce Rancore:
(...) Come tenersi in casa un cadavere per anni. Conviene sbarazzarsene al più presto.
Dalla voce Rata:
(...) Si tratta semplicemente di truffa su scala sociale.
(...) (il venditore rateale non è che questo: un usuraio) (...)
Fin che si tratti di un automobile o di un'altro oggetto mobile, passi: il danno
- personale; quello sociale è immenso, perché è generale - è limitato.
Ma il discorso deve cambiare quando riguardi la casa.
Il giovane dovrebbe essere allevato nel terrore di essere proprietario di casa.
Non c'è carcere più machiavellico e sicuro, che il Prepotere abbia escogitato.
della casa "nostra". (...)
Così si facilita all'uomo l'acquisto delle quattro mura, con il pagamento rateale,
venticinquennale. L'uomo è incastrato per sempre. (...)
Con il denaro guadagnato dall'uomo il Prepotere costruisce la casa che poi gli vende.
Cioè gliela fa pagare una seconda volta. Non basta: gliela vende a rate: il che vuol dire
che gliela fa pagare una terza volta. L'enorme massa di denaro che il Prepotere ne ricava
viene impiegata, come dicevo più su, per ricavare altro denaro. (...)
La vendita rateale dell'automobile fu inventata da Henry Ford nel 1915. Costui
disse che, da buon padre, voleva che tutti i suoi impiegati potessero possedere un'automobile.
È giusto così che i padri amorosi castrano i figli babbei. I pirati di un tempo, almeno,
rischiavano la pelle. Oggi non rischiano nemmeno il portafoglio: quando un'azienda
raggiunge dimensioni sociali, se va bene gli utili affluiscono nelle tasche dell'imprenditore,
se va male le perdite cadono sulle spalle della società. Il Prepotere non fa una piega:
col denaro rastrellato al Popolo accorre in soccorso del Popolo, lasciando indisturbato
l'impresario: esempi italiani e no ce ne sono a bizzeffe. In rari casi, quando l'impresario
minaccia gli stessi colleghi del Prepotere, accidentalmente egli cade con il "proprio" aereo.
Il tutto a spese del gregge. Il quale alza le spalle e brontola: "affari dello Stato: si arrangi".
Forse sarebbe ora di abolire le vendite rateali per applicare un primo cerotto
alle piaghe del mondo e un primo spillo al culo dell'uomo.
La situazione economica italiana, per esempio, e non soltanto questa, potrebbe essere risanata
radicalmente e l'inflazione fermata, se il governo di Roma facesse un decreto-legge
di una sola riga:
Art. 1 e unico: le vendite rateali sono vietate.
Ma bisognerebbe che il governo fosse "democratico" anziché prepoteriale.
Dalla voce Re:
Tutti nascono re. Difficile è restarlo.
Dalla voce Socialismo:
(...) Proviamo a fare un po' di storia della patologia del socialismo. Primo errore
di questo movimento o partito: il nazionalismo. Il nazionalismo è una contraddizione
in termini, per il socialismo. O si è socialisti, quindi si parte dalla parità
di tutti gli uomini della Terra, o si è nazionalisti: e si dividono gli uomini
a seconda della loro patria. (...)
Il nazionalismo è stato ed è la più grave delle malattie del socialismo; ma ce ne sono
state molte altre. Quasi tutte di matrice utopica, alcune di carattere prepoteriale.
Il nichilismo, l'anarchismo, il marxismo, il fourierismo, il fascismo, il nazismo,
il bolscevismo, il sindacalismo corporativo (quello di oggi in Italia);
perfino il socialismo cristiano o cristismo.
(...) sulla bandiera rivoluzionaria francese fu scritta la parola "eguaglianza".
Che errore spaventoso. Non ci sono al mondo due uomini eguali. Mentre tutti gli uomini
sono, per nascita, pari. (...) "Fratellanza": altra trappola utopica:
se ogni uomo è re, ogni uomo è solo, non ha fratelli. Ha soci, che con lui formano
la società. Dunque una fratellanza è fuori questione, fra diseguali: mentre è logica, utile,
stupenda, che cosa?: la "solidarietà". Anche la "libertà" (allo stato delle cose,
in questo sistema) è un'utopia. Perché gli uomini pensano di doverla conquistare.
Con la violenza o in altro modo. Che errore. Perché aspettarci che ci venga fuori
ciò che già abbiamo dentro? Che nasce con noi? (...)
Dalla voce Solità:
La solità. Ogni uomo, pur così vicino, anzi adiacente, con ogni altro uomo, è solo:
proprio perché pienamente sovrano di sé: proprio come il suo vicino. Ho fabbricato
questa parola, "solità", per indicare con maggiore precisione la mia idea di essere soli.
Infatti non si tratta di solitudine: cioè di rifiutare il vicino o esserne rifiutati.
Si tratta di solità. Un uomo è in mezzo a una folla di un milione di uomini:
ognuno di questi uomini è un "solo": altrimenti non sarebbe una folla di uomini
ma di cose umane. Un plancton per nutrire balene. In effetti oggi lo è: nutre il Prepotere.
Invece un uomo, ogni uomo, è re. In sé contiene tutto il senso della vita, tutte
le soluzioni ai proprii problemi, tutti i mezzi per vivere. Non esiste un uomo uguale all'altro.
Nemmeno due gemelli sono eguali. Ma tutti gli uomini, in quanto uomini, sono pari.
La libertà di ogni uomo sta alla libertà di una somma infinita di uomini come un fatto stocastico
sta nel corso sinusoidale del Caso: è del tutto sola, differente, accidentale,
indivisibile. Il fatto è contenuto nella sinusoide col suo codice genetico; ma - nei limiti
di questo codice, ossia nei confini della sua sovranità, - si compie in stato
di assoluta e casuale libertà. Perciò bisogna dare all'uomo la libertà di essere
cio ch'egli realmente è, ciò ch'è nato per essere. (...)
Dalla voce Spreco:
Chi volontariamente o per trascuratezza spreca, o guasta, è stupido. Perché spreca e guasta il suo.
Non c'è, sulla Terra, roba altrui. L'uomo che crede di far fesso un'altro uomo,
in ultima analisi fa fesso se stesso. Se è vero che tutti siamo proprietarii della Terra.
Se è vero che siamo tutti pari.
Dalla voce Stato:
Parola di lusso per indicare un prodotto piuttosto scadente: la burocrazia pubblica,
poderoso strumento del Prepotere. Questa parola (...) non vuol dire assolutamente nulla. (...)
Dalla voce Superstizione:
Sinonimo di religione.
Dalla voce Tassa:
Sinonimo si appropriazione indebita; o anche di furto aggravato da minaccia; o estorsione, o rapina. (...)
le tasse al loro apparire furono chiamate "angherie". Perché erano considerate per ciò che erano
e in fondo sono tuttora: prepotenze: un tributo forzato al racket legalizzato: quello detto "statale". (...)
Dalla voce Terzo Mondo:
Non esiste. È un'invenzione del Prepotere. Non esiste né un primo, né un secondo, né tantomeno
un terzo mondo. O non dovrebbero esistere. Però si finge che il Terzo esista per cacciarvi dentro
i popoli poveri e pacifici (...)
Dalla voce Verità:
Nessuno è proprietario della verità. Ma tutti la possiedono.
Dalla voce Vigliacco:
(...) Chi rifiuta il servizio militare, di pace e di guerra, è tutt'altro che un vigliacco:
in questo tipo di società fondata sull'assassinio è un eroe. (...)
Dalla voce Violenza 1:
(...) Usare la violenza per imporre le proprie opinioni significa soltanto che:
1) le proprie idee sono troppo deboli per reggersi sulla sola forza razionale e ideale;
2) la sostanza delle proprie idee non è per nulla differente da quella delle idee
che si combattono. Quindi è una battaglia inutile e stupida. Come quella del cane
arrabbiato con la propria coda. (...)
Dalla voce Voce di Popolo:
(...) Altro che anonimato, o qualunquismo. L'accusatore è ben noto: siamo noi,
sessanta milioni [facciamo un po' meno, ma se come vuole l'autore, estendiamo oltreconfine
i diritti accusatorii, siamo molti di più, ndr] di italiani.