Non so se inebetito o felice dopo due pasti, luglio, a base di
8filari california.
Scritto proprio così sull'etichetta, su carta da pacchi, una presa in giro,
invecchiato in barrique, auguri, poi una descrizione un po' più scientifica,
i dati catastali, indicazione d'uso, età del vigneto, trattamento (inesistente,
almeno sui canoni d'oggi). E, quasi tutto barbera, di Nizza, forse altre
centinaia d'acini di bonarda, del 1999, ancora frizzante.
Anarchico? Sarebbe un complimento, frizza se vuole, sennó è quieto,
ha spesso la mandorla, a volte dolce, a volte no, i suoi cambiamenti
sono imprevedibili, fa quello che gli gira, rispetta i gradi, quattordici,
in punta di piedi, uno li nota se vuota la bottiglia. Ho scritto di un vino
di Nino Bronda, proprietario di tre ettari in Tessitora, campagna
sulla strada per Asti, appena fuori Nizza Monferrato.
Una delle tante scoperte, intendo per averlo indicato a noi lettori
perché i Bronda lavorano la vigna da due secoli, di Luigi Veronelli,
Sognatore senza piedi. Che ha cercato di sistemare la materia immensa
del vino, vigneto cultura contadino cantina e adesso vuol dire la sua
pure sul prezzo, dandoci un sacco di criteri che a volte confliggono.
Il peggior vino contadino è meglio del miglior industriale,
nato nelle più belle barriques. Che sono lo strumento unico
per l'elevazione del gran vino. Del tutto ignorate da Bruno Giacosa,
da sempre stimato il grande affinatore delle Langhe. Che Nino Bronda, appunto,
usa vecchissime per contenitori del suo campione e si diverte alle spalle dei sapienti.
Che credono a un solo sistema, la moda.
Veronelli. Contro i sistemi. Ma è stato il primo, per tanti anni l'unico, a fare i cataloghi.
Con un po' di anarchia, uscivano quando voleva. Ma siccome vive guardando il cielo
ha dato l'idea agli imitatori più pratici, che l'hanno fatto tutti gli anni.
E l'hanno obbligato a seguirli. E a dare, lui che si era sempre proclamato
antisistema, una valutazione matematica, anno per anno, a tanti produttori poeti.
Che non gliene fregava niente né delle classifiche né dell'uscita delle loro bottiglie
sui tempi delle riviste anziché su quelli della natura. Contenta dello sconquasso.
Sognatore senza piedi? e non dire che i tuoi ex-discepoli hanno usato solo l'immagine
e perso l'anima: non volevano altro. Vendono un sacco di copie più di te
e hanno stabilito cosa deve essere un vino, almeno quello che vince le gare.
Tu, Sognatore, di San Martino hai voluto esaltare l'immortalità
quando avevi sotto il naso un mantello rovinato. E adesso come rimedi i guai che hai combinato?
Il mondo che sognavi da poeta chiede gli organizzatori, ti ha sorpassato
e dovunque ti giri non vede l'ora di essere messo come un programma di un computer.
Vai a convincere la gente che il vino ha un'anima. Fanno corsi e imparano (...)
{Ho ricevuto direttamente dalle mani di Nino la fotocopia di questo intervento, M. S.}