Normalità assordante.


Mio compito è sempre stato (intenzionalmente) far star bene i vivi. I trapassati sembra strano e anche crudele ma non ci sono più, dobbiamo cacciarcelo bene nella zucca. I vivi peraltro passano il loro tempo nella pia illusione di poter cambiare a proprio piacimento la realtà, così semplicemente, a parole. Dicono felicità poi si lamentano che non arriva. Dicono tante cose a sproposito, giudicano, commentano, dai troni dei loro possedimenti immaginari, nemmeno s'informano chi sia tranquillo, chi al limite del crollo. Ma i casellari sono sempre attivi per chi crede che la vita sia un esercizio di comportamento adeguato (la spazzatura della psicanalisi).

Adesso, vivere è così difficile. L'esercizio più faticoso e fare finta di non sapere che siamo destinati male: dobbiamo morire tutti, e questo da una parte è uno dei pochi moti di giustizia: morirai anche tu, che ti affanni a insultare chi ti passa accanto. Peraltro è anche vero che tarpa le ali, annacqua le intenzioni, le passioni.

Comunque ci si può commuovere. Basta a volte incocciare un evento improbabile: due uomini sorpassati dagli eventi, dalla modernità, inscenare un saluto anomalo, autoctono: darsi una cornata, fronte contro fronte, alla faccia dei presenti, e degli assenti. Resistenza non comune, e non so quanto consapevole, alla normalità assordante.

Oltre vedo solo quel qualcosa che annulla il tempo che sembra passare. Che è quasi amore.






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