Il respiro scriverebbe di continuo



[A Giove pluvio, monologhi del respiro N° 4, Marco Sicco - 28/4/2011]

Il respiro sta zitto, ma scriverebbe continuamente,
bisogna fare uno sforzo non indifferente per non scrivere di tutto
e di continuo e per non scrivere a tutti, e soprattutto a tutti quelli
che sparano cazzate, che sono invariabilmente in aumento...

Cosa scriverebbe il respiro non è un mistero, innanzitutto
la sua vocazione massima sta nel dissociarsi, perché se è vero
che il respiro è un animale sociale (ama esprimersi in gruppo,
ama circondarsi di persone belle dal respiro fluente)
altrettanto vero è che il respiro vive sull'orlo dell'intolleranza,
e ci sono cose che proprio non sopporta a meno di non farsi del male,
strozzandosi e annullandosi, soffocando la sua stessa esistenza.

E io amo dar retta al respiro, non ne sbaglia una. Perciò mi dissocio.
Mi dissocio dalla noiosa retorica delle date e delle ricorrenze.
Mi dissocio dal furore con cui prima si creano e poi si attaccano i nemici.
Mi dissocio dalle malevolenze accennate, dalle zizzanie inoculate
a piccole dosi, attraverso i canali della pseudo-informazione,
ma anche attraverso le parole che puoi dire al bar o sull'autobus.
E mi dissocio da questo odio latente (?) che ha sempre bisogno
di un bersaglio da attaccare, per poter dividere il mondo
in buoni (noi oppure io) e cattivi (chi siano dipende dalle mode).

Una parola sull'Arabia il respiro la vuole sempre dire, ci è affezionato
perché se non erra, la culla della civiltà umana stava da quelle parti.
E, sempre se non erra, perfino un personaggio spesso e non sempre
in modo opportuno chiamato in causa, a difesa di questo e di quello,
e nato in una capanna araba, se potesse parlare (come bocca
userebbe appunto il respiro) direbbe: "vi rendete conto che adorate
il vostro nemico? il vostro nemico sono io, rimettetemi sulla croce,
e piantatela con tutte quelle frottole sulla fratellanza, ammettete
di non avere il coraggio di amare". Questo direbbe.