di non so cosa in non so che
{Giugno 2008, Opificio, Rivista sregolata, Anno I - N° 1
Feb/Mar 2008, Pasquale Panella, stralci di Marco Sicco}
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Religione, astratto di relegere, re-legere
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Re-legere: mettere insieme di nuovo
(...)
La religione rimette insieme, mette insieme di nuovo
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Prima del mondo c'era un mondo, dopo il mondo c'è un mondo
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Il Paradiso Terrestre precede la vita sulla Terra, l'anticipa
(...)
Protagonista non sarà più che (sempre più) il pubblico /
Il pubblico come popolo non più popolo, ma, appunto, pubblico
(...)
La sregolatezza non è nell'apparenza ma nella visione-ascolto
(...)
La partecipazione è già protagonismo
(...)
I mezzi producono bisogni
(...)
I mezzi di produzione producono mezzi di produzione /
Anche una penna è un mezzo di produzione, lo è un distintivo, un fazzoletto
(...)
Nel Paradiso Terrestre procedere era infondato, fuor di luogo /
I beni erano comuni, come pure il godimento, i sensi sregolati: la felicità
(...)
Diventarono pubblico, cominciarono a fare distinzione tra buono e cattivo gusto /
Quindi conobbero il pessimo gusto di parlare del gusto (buono o cattivo): l'infelicità
(...)
Il dovere è inflitto da chi si sente in dovere /
Il diritto è subito da chi vanta il diritto
(...)
Eva e Adamo sarebbero bastati per dimostrare l'esistenza della creatura umana
e l'inutilità del lavoro, senza nemmeno scomodare nessun Dio dal suo sonno
(...)
L'essere umano sta per diventar buono, nel secolo XXI in Italia (in Italy), ossia conveniente /
Il buono è nemico del povero, il buono conosce la convenienza della bontà
perché conosce la sconvenienza dell'indigenza
(...)
Finalmente la povertà come convenienza (il guadagno etimologico) /
Cum-venire, simultaneità del venire, la venienza, l'avvenenza /
Sempre etimologicamente parlando la parola "povero" è già un giudizio, un biasimo:
povero significa "colui che produce poco", non "colui che ha poco"
(...)
Non che l'etimologia segni il destino del senso ma, ovviamente,
l'origine del suo fraintendimento /
"Significato etimologico" è un'espressione errata
(...)
"Se avessi saputo" è la frase dell'essere umano /
È un paradosso: se avesse saputo non avrebbe divorato il significato,
ma lo divorò per sapere /
Per sapere che se avesse saputo non avrebbe voluto sapere
(...)
Ma, disinteressati al senso, avremmo avuto sulle labbra non la parola
ma il sapore e la consistenza della cosa
(...)
La produzione di senso è già produzione /
Così la povertà è insensatezza, rifondazione terrestre di paradiso /
Un non volerne più sapere
(...)
L'essere umano non riesce a nascondere mai del tutto la propria nostalgia di povertà,
sia come ambizione sia come vocazione, seppur segrete /
Ambizione alla povertà che trova nell'ambizione alla ricchezza
un insoddisfacente surrogato, non appagante
(...)
Povero è colui che non produce perché tutto, intorno, è vivo, vegeto e rigoglioso /
Non avere bisogni perché non c'è bisogno /
Quindi: non avere è relativo al non essere bisognosi
(...)
Ma d'essere povero non è più capace, l'essere umano,
come non è più capace di nudità se non discutibile, se non,
si direbbe, in costume epidermico, in una veste inesatta
nei dettagli e nell'insieme
(...)
Qui tutti perdiamo l'occasione di esser poveri /
D'essere poveri sregolatamente, ossia godendo
(...)
Sotto un cielo di stelle, dalle quali discende, de sideribus,
ogni desiderio (...) /
Era un segreto
(...)
La Povertà senza regole avrebbe vissuto con noi per sempre (...)
per poi dormire placidissimi e dolcissimi, sazi ma senza peso,
su un cuscino di pietra
(...)
Abbiamo perso tutto, abbiamo perso la Povertà /
Regolarmente
(...)
Altri estratti, citazioni, ecc
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