...giochi giocati: commenti ai monologhi di Pasquale Panella
7 maggio 2002, commenti a "L'amore non è il mare" {da "Il foglio", 07-05-2002}
Un mare d'amore si potrebbe... di parole!
Ecco che la bocca crimpatrice schiaccia sul nascere una parola giè lesa.
La limita, la costringe.
In faccia a tutti, anche al mare d'essa che vertiginoso e gaudioso
sale e scende limonando le sue maree.
E noi godiamo credendoci, stilisticamente nuotandoci, facendo liberi,
delfini e perfino farfalle, quest'ultime starebbero in mare...
come solo la parola può!
Ecco il punto che sempre non c'entra niente e sempre sembra fare centro
a chi ci crede, a chi sopratutto pensa che una vita didattica
possa veramente insegnare a significare.
Ed io ti amo e te lo dico, facendo un'indecente, faceto petting
con due idiomi... più tardi farò sul serio a bocca chiusa
e con una mimica prepotente sul tuo corpo fatto. Vero.
Simone Belloni Pasquinelli
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Cosmico, oggi, si dovrebbe dire. / "...strappare le stronzate alle parole /
e distribuirle come ragione / d'esistere ai viventi". Giusto, eccome. /
"Siamo la fibbia, dovrei dire." Sì, / vero tu sei, verissimo perché / raro
riesci a essere un macigno /leggero all'apparenza mentre rotola, / letale
quando atterra sulla botola / dei sensi doppi e tripli, attraverso / la
quale immaginiamo il nostro mondo. / Che quindi, si intuisce, è una cintura
/ (la terra fu poi tonda alla bisogna) / di percezioni varie a seconda / che
la si fissi a un foro o a quello prima / oppure a quello dopo, l'importante
/ è che rimanga salda e che sostenga / i pantaloni dall'onesto fato / di
nascondere i fatti ai genitali. / Che quindi, si intuisce, sono tali / e
quali ai marinai delle promesse: / succede che ritornano, ma spesso /
spariscono per sempre dentro al mare. / "E l'annegato è lì, torniamo
all'anne- / gato con un pezzo di alga lamel- / lare che, seccata come colla
/ all'aria, già gli si è appiccicata / su una guancia. C'è chi corre in
soccorso..." / Tu gli respiri dentro e intanto stringi / la cinta perché
parli un'altra volta / e dica t'amo a te che lo riprendi.
Mauro Mazzetti ...
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14 maggio 2002, commento a "Estraneità della realtà" {da "Il foglio", 14-05-2002}
COMMENTO
ed è già un bivio, prima ancora di cominciare siamo alla scelta,
tra il sostantivo e la voce del verbo. quindi tra qualcosa di concreto
e le solite volant. commento, e parto. chi leggerà potrà fare
la sua ed inserirsi tra le virgolette che preferisce.
perché di questo si tratta, di scegliere verso quale parentesi estraniarsi
o in quali virgolette promulgarsi facendo parte o meno delle stesse.
perché comunque in esse siamo, luogo comune dell'appartenenza
o dell'estraneazione. e potrei persino dire " ...m'anfatti"
dove potrei essere d'accordo in molti modi con quello che si afferma ...
ma potrei essere allo stesso tempo dentro e fuori le virgolette
appartenendo, forse, a una parentesi sulla quale forma si potrebbe
addirittura aprire un dibattito.
"ma fai silenzio..." si potrebbe dire
e di nuovo tra virgolette .. a quel punto, allora, l'ambiguità
sarebbe completa: dove l'istigazione al silenzio viene proprio da chi
al silenzio verrebbe invitato. si dovrebbe, quindi, uscire dal vuoto,
dal vuoto delle virgolette ma anche dal pieno presunto dello stare fuori
dalle stesse. se mettiamo uno che sta dentro le virgolette fuori dalle stesse,
direbbe "ma io lo dico in un altro modo ..." io sono fuori dalle virgolette.
non posso far altro quindi che essere d'accordo, dal pieno del valore
del silenzio, tornando al vecchio tema della comunicazione.
a mezzogiorno non è già più mattina.
Silvano Forte
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21 maggio 2002, commento a "Centri di bersaglio" {da "Il foglio", 21-05-2002}
Fattosi liquido scivola senza posa, facendo scorrere lo sguardo
su nulla in particolare. Oggi gli sembra di essere in quell'altrove
che conosce bene, con l'apatia dentro che sa di passato:
l'insonnia da calore che lo riconduce nei territori della noia
che scorge fra gli umidori di nebbie che vanno dissolvendosi.
"Tutto il prezioso è compressione del tedio che, come un cane stitico,
prende quella postura da ridicolo Atlante che invece di un mondo
ne deve reggere due, due globi in due orbite: la triste estraneità
dei propri occhi fissi. E la mantiene a lungo la posa, il tedio cane,
diventando esso stesso evacuazione."
Scrivo e mi si dice che non mi si riesce a leggere.
Parlo e mi si dice che non mi si capisce.
Penso e mi si dice che riflessioni così fanno male.
Mi si impongono alla bocca risposte neutre che non provochino reazioni
di sorta. Repliche stizzose che chiudano altre porte. Tutto senza
tremori, scrupoli, imbarazzi. Che si abbia il coraggio di dire le cose:
sei una persona noiosa, vaffanculo.
Ma posso essere un libro candido, bianco di tutto: parole ed emozioni. E allora
proverei anche a scrivere: "Sii come devi essere".
Ma la mia grammatica e' differente.
"Come si dice? Si dice che in realtà le cose stanno diversamente.
Limite della realtà, fine della realtà nella quale le cose stanno diversamente."
Comincia a pensare che anche un commento possa essere un eccesso,
un'altra pietra gettata in un occhio, altri scritti illeggibili,
altre parole incomprensibili, altre riflessioni che fanno male.
Si sta arrotolando di nuovo... E solo perché le nebbie non ci sono
quasi piu', quei territori conosceranno molto presto i suoi passi.
Liquido fattomi, scivolo senza posa, inumidisco la tua box, sgocciolo...
Luca Pacilio ...
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4 giugno 2002, commento a "Caldo incostante" {da "Il foglio", 04-06-2002}
Panella è vittima delle parole e lo sa benissimo,
quindi è come se non lo fosse, non si diverte più
perché sa di divertirsi, non va né indietro né avanti
ma il suo star fermo è per chiunque altro una
maratona di New York ma fatta in macchina, parla
a se stesso cioè a tutti quelli che ascoltano, cioè a
nessuno, in fin dei conti parla a vanvera, perciò non
dà fastidio a niente. Adesso poi che è primavera/estate
lo trovo eccitato, scrive come se toccasse con le mani,
ogni riga è una bocca dischiusa che promette illusioni
a iosa, o forse sono io che ricevo ciò che voglio, l'aria
da friggere che Panella abilmente spreca nei suoi soliti
utilissimi ghirigori del pensiero. E ne è vittima, lui,
delle sue ripetizioni, e ne gode e si gingilla a far
dell'ovvietà una medaglia con tre facce, quando
sappiamo tutti benissimo che di facce ne esistono
solo due, ma lui si ostina, ciarliero e ridanciano, a
costringerci l'occhio su quella terza bislacca, quasi
sfidandoci: "Mostratemi il contrario."
E avendo voglia tempo e la serata adatta,
potremmo persino pensare di farlo.
Antonio Koch
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9 luglio 2002, commento a "Nascita di un personaggio" {da "Il foglio", 09-07-2002}
Esplorare la geografia di te.
Scoprire dove la terra del tuo corpo diventa mare e,
quali eventi climatici ti scatenano bufere attorno e dentro.
è il terremoto nelle tasche.
Prendere coscienza dell'essere... qualcosa per qualcuno...
essere qualcuno o qualcosa che cambia di sé coscienza.
Tu, terra mia, o il niente su cui appoggio i piedi:
semplice coordinata, il punto delle pelvi; polare lo sguardo.
Il corpo e i pensieri come geografia, riferimento ed orizzonte.
Ed è un deserto. Il deserto è... scoprire, attraverso la nebbia dei vestiti
che ghirlandano a festa, la forma del tuo-mio paesaggio interiore,
ed ubriacarsi, come quando un viaggio finisce,
come quando ci si accorge che esso è, e non la meta, il premio
e che scoprire non è che il termine e non il fine.
Trema il corpo e è terremoto, o bufera, o semplice risveglio.
Davide "vetro"
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