Buongiorno Duchesca, alias Vanera, probabilmente Carmillas, intimamente Lino,
sublimamente Potemkim, musicalmente Panella, accennatamente P.P., disuetamente Teucro,
quotidianamente P. Panella, discretamente Pasquale P., in realtà lo sai solo tu.
Come stai? Ti dico cosa friggo? O.k. attappati le orecchie perché sarò trivio oggi,
forse mi vergogno pure, ma non posso fare a meno di non essere (oggi e solo per oggi)
che così. Ci mancava solo che ti conoscessi e così ecco il patatrac più lieto
che abbia mai letto (e leggo tutto, ti giuro!). Tutto quello che non ci dici
nell'effimero desiderio della verità disconoscente, inconcludente, caludicante,
sbeffeggiante. Ingoio l'amaro ed il dolce in una miscela d'inebrio che solo "... la voce
del gallo che non canta l'ora esatta ma l'alba imprecisa..." riesce a dettare.
Che c'è di strano? Mi chiedi volgarmente questo? Beh, te lo dirò. C'è che spesso
e volentieri (e qui quest'idiomi si desiderano di carne), dicevo spesso e volentieri
non ci chiappo una mazza ma non me ne po' fregà de meno, c'è sempre un ritornello
dietro la tua scrittura e rimbomba afonico in ogni cervello, c'è il gusto del minestrone
che spesso s'ingurgita senza che lo si analizzi pezzo per pezzo, verdura per verdura
al tatto gustativo, eppure lascia un sapore da bis, tris e via disconoscendo.
Sei l'aria su carta e ti soffi bene, si sente odore di fresco, di sorpresa, di novità
e spesso perdo le scommesse tra me, me stesso, ed il mio me (ultimamente anche
con quella bella creatura di Marco, Mannaggia Bubbà!), e godo! Come l'aria ci sfiori,
ti si sente, ci accarezzi, spifferi e poi ci piazzi il malanno (facciamo mal di schiene,
che lune piene! ihihihih). Come vivono le cose in te, come si alimentano, sbattono,
fremono tra parole che ne fanno di tutta l'erba un fascio e poi si brucano:
come una capretta? No, come una mandria dopo un pascolo inaridito giornalmente,
in principio di un martedì qualunque (scusami il qualunquismo smodato).
Smettila di gridare perfavore! Fallo più forte, magari urla, voglio vedere
tutte le otturazioni dei tuoi denti e giù fino al piloro, passando per B e C dalla A alla D,
" io uomo che al posto dei coglioni ho dei ciotoli di fiume" e me ne vanto del complimento,
vantiamocene del meglio degli appellativi, viviamoli nella loro assenza che ci conferma
quanto siamo poco presenti al mondo ma di più sulla terra, è? Sei un grande cavaliere
vittorioso dopo battaglie a colpi di ago... nell'occhiello del nostro cuore
(questo è un soliloquio a nome di tutti, a loro insaputa mi prendo 'sta briga).
Ti dovevo 'sta volgarità e non mi scuso perché stavolta non vaneggio.
Un grazie Cuore di Napoli, per imparare.
Simone Belloni Pasquinelli
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